Festa di San Camillo de Lellis nella Cappella degli Ospedali Riuniti (14 luglio 2016)
Un modello di vita
In occasione della festa liturgica di San Camillo de Lellis, il cappellano don Stefano Iacopino, ha voluto sensibilizzare gli operatori sanitari, i collaboratori, i volontari con una processione di fede e di preghiere in tutti i reparti ospedalieri, coinvolgendo gli ammalati e lasciando loro il segno della misericordia e della tenerezza divina, prendendo esempio dal fondatore degll’Ordine dei Camilliani, il quale si distinse per lo spirito diaconale, denso di carità verso il mondo della sofferenza, come fosse un infermiere dedito unicamente ai malati. Instancabile il suo ministero sacerdotale agli infermi con una ben visibile croce rossa sul petto.
Gli ammalati sono stati sempre a cuore, sull’esempio di Gesù, alla madre Chiesa, manifestando vicinanza e disponibilità, non solo spirituale, ma anche materiale. Essi costituiscono un dono prezioso per la stessa Chiesa, perché, come insegna Papa Francesco, “le loro sofferenze, come le piaghe di Gesù, da una parte sono scandalo per la fede, ma dall’altra sono verifica della fede, segno che Dio è Amore, è fedele, è misericordioso, e consolatore”.
La presenza della nostra persona deve essere accompagnata dal sorriso, ha sottolineato don Stefano durante l’omelia, perché è espressione di amore e di servizio discreto ma efficace. Un sorriso che contagia lo stesso ammalato e lo porta ad aprire il cuore e a farlo sorridere.
“La terapia del sorriso. Allora la fragilità stessa, ci insegna ancora Papa Francesco, può diventare conforto e sostegno alla nostra solitudine. Gesù, nella sua passione, ci ha amato sino alla fine (cfr Gv 13,1); sulla croce ha rivelato l’Amore che si dona senza limiti. Che cosa potremmo rimproverare a Dio per le nostre infermità e sofferenze che non sia già impresso sul volto del suo Figlio crocifisso? Al suo dolore fisico si aggiungono la derisione, l’emarginazione e il compatimento, mentre Egli risponde con la misericordia che tutti accoglie e tutti perdona: «per le sue piaghe siamo stati guariti» (Is 53,5; 1 Pt 2,24). Gesù è il medico che guarisce con la medicina dell’amore, perché prende su di sé la nostra sofferenza e la redime. Noi sappiamo che Dio sa comprendere le nostre infermità, perché Lui stesso le ha provate in prima persona (cfr Eb 4,15).
Il modo in cui viviamo la malattia e la disabilità è indice dell’amore che siamo disposti a offrire. Il modo in cui affrontiamo la sofferenza e il limite è criterio della nostra libertà di dare senso alle esperienze della vita, anche quando ci appaiono assurde e non meritate. Non lasciamoci turbare, pertanto, da queste tribolazioni (cfr 1 Ts 3,3). Sappiamo che nella debolezza possiamo diventare forti (cfr 2 Cor 12,10), e ricevere la grazia di completare ciò che manca in noi delle sofferenze di Cristo, a favore della Chiesa suo corpo(cfr Col 1,24); un corpo che, ad immagine di quello del Signore risorto, conserva le piaghe, segno della dura lotta, ma sono piaghe trasfigurate per sempre dall’amore” (dall’Omelia del Giubileo degli ammalati e delle persone disabili).
Il Cenacolo, assieme ai Volontari che operano negli Ospedali Riuniti, ha molto a cuore i malati e le persone sole ed è felice di poter, anche con un semplice sorriso, essere motivo di conforto umile e solidale, sull’esempio di Maria che, apprese le condizioni della cugina Elisabetta, si è subito recata da lei e l’ha assistita amorevolmente (a cura del Cenacolo, servizio fotografico di Orsola Toscano).