Pasqua 2010: Messaggio dell’Arcivescovo
A tutti i fedeli della Diocesi
Reggio Calabria, 14 marzo 2010
Domenica IV di Quaresima «Laetare»
Domenica IV di Quaresima «Laetare»
MESSAGGIO PER LA PASQUA
Carissimi,
nell’imminenza della Pasqua del Signore, avverto il bisogno di rivolgermi a tutti e a ciascuno di voi, aprendovi il mio cuore.
Il Mistero che celebriamo, infatti, è l’evento supremo della nostra Redenzione, l’evento che - al di sopra di ogni altro - manifesta l’amore del nostro Dio. “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Suo Figlio” (Gv 3,16): in quel “dare” c’è in sintesi il “racconto” dell’amore misericordioso del Padre.
nell’imminenza della Pasqua del Signore, avverto il bisogno di rivolgermi a tutti e a ciascuno di voi, aprendovi il mio cuore.
Il Mistero che celebriamo, infatti, è l’evento supremo della nostra Redenzione, l’evento che - al di sopra di ogni altro - manifesta l’amore del nostro Dio. “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Suo Figlio” (Gv 3,16): in quel “dare” c’è in sintesi il “racconto” dell’amore misericordioso del Padre.
Egli, in maniera che appare incredibile, giunge a “sacrificare” il Suo Unico Figlio, il Primogenito di ogni creatura, per amore dei suoi figli.
In un certo senso ci dà ancora di più che se avesse sacrificato se stesso: perché il Padre ama il Figlio più di se stesso.
E tutti siamo chiamati, prima ancora che ad accoglierlo, a “contemplare” questo infinito amore del Padre, che - nella Pasqua del Suo Figlio - raggiunge queste impensabili altezze.
Un artista ci aiuta in questa contemplazione.
Egli ha immaginato il Padre che “dona” il Figlio affisso sulla croce: e ha creato su tela un dipinto di straordinaria bellezza. Il Cristo crocifisso non ha dietro le spalle la croce, ma il Padre. Il Figlio è affisso alle braccia aperte del Padre. Nel suo immenso dolore grida col Salmo: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato” (Mt 27, 46)... ma il Padre é lì, nel suo misterioso Silenzio, e lo sostiene. Acquistano
così una suggestione diversa le parole finali del Crocifisso: “In manus tuas commendo spiritum meum” (Lc 23, 46) (“Nelle tue mani consegno il mio spirito”).
È proprio lì, tra le Sue mani, che Egli si abbandona; ed è lì che egli emette l’ultimo respiro... “Emisit spiritum” si legge nel Vangelo secondo Giovanni (19, 30c); “emise lo spirito”, cioè morì; ma anche “emise lo Spirito”, cioè effuse lo Spirito Santo. Lì sulla croce avviene, suggestivamente, la prima Pentecoste. E lo Spirito, dal Padre e dal Figlio, viene effuso sugli astanti: il centurione, infatti, é illuminato e si converte: “Veramente quest’uomo - dice - era il Figlio di Dio” (Mc15, 39).
Fratelli carissimi, vorrei ora invitarvi rapidamente a passare - dentro la vostra contemplazione - da questa icona del Crocifisso all’icona del Sepolcro vuoto e dei “lini che giacciono” senza contenere più le sue spoglie mortali entrate nella gloria della risurrezione; all’icona, poi, del giardino dove Maria di Magdala lo riconosce dalla voce; all’icona, infine, del Risorto che, con un Volto sempre nuovo, si fa pellegrino sulle strade... da quella che si avvia verso Emmaus a quella che porta al Cenacolo, dalla spiaggia del mare di Tiberiade alla strada in salita che conduce al monte dell’appuntamento.
Il Risorto pellegrino cerca i suoi, cerca perennemente ogni uomo nei suoi nascondigli; e ci invita, a nostra volta, a cercarlo nei Suoi nascondimenti, a riconoscerLo nel volto degli ultimi della storia, nei quali egli perennemente sosta come dentro una Sua dimora, secondo le Sue parole: “Quello che avrete fatto al più piccolo dei miei fratelli, voi l’avrete fatto a Me” (Mt 25, 40).
Nasce così la Speranza.
La Speranza di un Dio che é “presente” anche quando appare “assente”; la speranza di una “ricerca” che può giungere all’ “incontro”, di una sete che può essere saziata, di un’attesa che si concluda con l’abbraccio.
“Andate - egli dirà sul monte - Andate, annunciate il Vangelo ad ogni creatura!” (Mt 28, 20). Nasce la speranza di uomini capaci di vivere in un perenne “andare”, perché la Parola sia annunciata e la vita del mondo si apra alla luce del Risorto.
È dentro questo contesto, fratelli carissimi, che non posso non pensare all’Agenda di speranza per il futuro del Paese, che tutte le chiese d’Italia - e noi particolarmente - siamo chiamati a scrivere e a realizzare in vista della grande Settimana Sociale dei Cattolici italiani che si terrà proprio nella nostra città, a
Reggio Calabria, dal 14 al 17 Ottobre di questo 2010.
È la 46.ma Settimana che verrà qui vissuta. Già un’altra volta la nostra città fu protagonista di questo evento: ciò avvenne esattamente 50 anni or sono, quando fu celebrata la 33.ma Settimana Sociale, che trattò il tema delle migrazioni.
Quest’anno, in un contesto completamente nuovo, e dentro una cultura permeata sempre dai valori cristiani, ma insidiata - tra l’altro - dal diffondersi di un relativismo esasperato, il tema ci impegnerà in una direzione finora non attraversata: quella di pensare, scrivere e attuare un’Agenda di speranza per il futuro del Paese.
Dico “pensare, scrivere e attuare”. Si tratta di “agenda”, infatti.
Ed “agenda” è in sostanza una parola della lingua latina: significa le “cose che devono essere fatte”.
È necessario dunque “pensare”; è importante “scrivere” ciò che si è “pensato”; ma è indispensabile “attuare” ciò che viene pensato e scritto. E ciò in vista del “futuro del Paese”. Un futuro che sarà fragile, se non si lotterà, insieme e con passione, per il “bene comune” di tutti.
E tutto questo avviene in una stagione difficile, non solo dell’Italia, ma dell’Europa e del mondo; e non solo a motivo della crisi economica internazionale, ma a motivo di una crisi esistenziale più profonda, che tocca il senso stesso della vita dell’uomo e del suo essere nel mondo.
Per questo, “l’Agenda di speranza per il futuro del Paese” é un impegno che ci coinvolge pienamente.
A sostenerci nell’impegno è anzitutto il Pontefice Benedetto XVI, che nella sua ultima Enciclica Caritas in veritate ci invita a renderci protagonisti, non solo, a livello ideale, di un “pensiero nuovo”; ma, a livello operativo, di un’opera di “discernimento” concreto che conduca alla scelta di “soluzioni nuove”.
A sostenerci, è anche la stessa Conferenza dei Vescovi italiani che, per bocca del suo Presidente, il Cardinal Angelo Bagnasco, ci ha di recente ricordato che “ciascuno di noi è chiamato in causa in quest’opera d’amore verso l’Italia”.
Un’espressione davvero felice che ci aiuta ad incarnare il sentimento dell’amore per il Paese nella concretezza del vissuto, nella pluralità di gesti concreti.
Da tempo, grazie a Dio, la nostra Chiesa diocesana sta camminando verso la Settimana Sociale di Ottobre.
Un apposito Comitato si raduna periodicamente per dare il suo contributo di riflessione, di proposte e di concreto sostegno allo svolgersi di quelle giornate.
Da tempo, in particolare, il nostro Settimanale diocesano, L’Avvenire di Calabria, si distingue nel tenere desta l’attenzione di tutti su questa singolare tappa del nostro cammino ecclesiale con una serie di spunti che invitano a conoscere, pensare, riflettere, operare.
Ora, occorre che tutte le realtà della nostra Chiesa locale si mobilitino in vista del singolare appuntamento: le Parrocchie, le Associazioni (già si segnala l’aprirsi, a questo cammino, dell’Azione Cattolica), i Gruppi, i Movimenti. Tutto insomma il nostro mondo ecclesiale deve diventare un “popolo che cammina” per essere pronto ad Ottobre ad accogliere, accompagnare, condividere, dialogare... vivere insomma, con i cattolici dell’Italia intera, una indimenticabile esperienza che potrà diventare oltremodo significativa per la storia di questo territorio, oltre che per il cammino cristiano dell’Italia intera.
Quel che il Comitato scientifico, che organizza le Settimane Sociali, si attende è che da questa mobilitazione - nostra e dell’Italia intera - emergano un insieme di pochi problemi - cinque-sei, non di più - intorno ai quali si realizzi una serena analisi, una discussione approfondita, un discernimento comunitario, per giungere a delle proposte operative, concrete, precise, da offrire all’intera Nazione come contributo dei cattolici italiani alla crescita del Paese e del suo futuro.
Problemi e proposte operative da scegliere, ovviamente, all’interno della vita della gente, dei problemi culturali, politici ed economici, all’interno del cammino dei giovani e dei fanciulli, dentro lo spessore delle famiglie, o nell’esperienza della sofferenza, nel panorama insomma della vita e del suo valore.
Esprimo, per questo, il mio compiacimento a tutte quelle realtà della Chiesa diocesana che hanno già cominciato questa sorta di “laboratorio comunitario di base”; ed esorto tutte le altre ad iniziare a vivere la stessa esperienza, che sicuramente servirà per coinvolgere l’intero Popolo di Dio che è in Reggio Calabria-Bova in questo progetto dei cattolici italiani che si avvia a stilare l’Agenda di
speranza per il futuro dell’intero paese.
Un’Agenda, cari fratelli, che sarà ufficialmente definita e scelta, ad Ottobre, più o meno nell’imminenza di una data storica per l’Italia, qual è quella dei 150 anni dalla sua Unità, che ricorre nel 2011.
Ma un’Agenda che affonda le sue radici molto più in là nel tempo, alle origini stesse del cristianesimo e della sua storia: le affonda nel divino evento della Risurrezione di Cristo, che segna l’intervento più alto di Dio “dentro ed oltre” la storia dell’uomo.
È con il pensiero e il cuore rivolti a Colui, che per amore nostro ha donato se stesso, e nella speranza che tutti possiamo incontrarlo lungo i passi della nostra vita terrena, aperta all’eterno, che saluto tutti e ciascuno di voi, fratelli carissimi, assicurandovi il mio ricordo nella preghiera e chiedendo il vostro: nella certezza che la comunione in Cristo renderà Pastore e Fedeli più vicini al desiderio del Suo cuore.
La Vergine, Madre della Consolazione, che nel segreto e nel silenzio ha contemplato il Volto del Figlio Risorto, ci sostenga con la sua materna tenerezza nel nostro cammino di ricerca e di testimonianza; e ci renda capaci di essere nel mondo umili strumenti della Sua presenza, per il bene di tutti e per un futuro più umano e più sacro del nostro Paese.
In un certo senso ci dà ancora di più che se avesse sacrificato se stesso: perché il Padre ama il Figlio più di se stesso.
E tutti siamo chiamati, prima ancora che ad accoglierlo, a “contemplare” questo infinito amore del Padre, che - nella Pasqua del Suo Figlio - raggiunge queste impensabili altezze.
Un artista ci aiuta in questa contemplazione.
Egli ha immaginato il Padre che “dona” il Figlio affisso sulla croce: e ha creato su tela un dipinto di straordinaria bellezza. Il Cristo crocifisso non ha dietro le spalle la croce, ma il Padre. Il Figlio è affisso alle braccia aperte del Padre. Nel suo immenso dolore grida col Salmo: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato” (Mt 27, 46)... ma il Padre é lì, nel suo misterioso Silenzio, e lo sostiene. Acquistano
così una suggestione diversa le parole finali del Crocifisso: “In manus tuas commendo spiritum meum” (Lc 23, 46) (“Nelle tue mani consegno il mio spirito”).
È proprio lì, tra le Sue mani, che Egli si abbandona; ed è lì che egli emette l’ultimo respiro... “Emisit spiritum” si legge nel Vangelo secondo Giovanni (19, 30c); “emise lo spirito”, cioè morì; ma anche “emise lo Spirito”, cioè effuse lo Spirito Santo. Lì sulla croce avviene, suggestivamente, la prima Pentecoste. E lo Spirito, dal Padre e dal Figlio, viene effuso sugli astanti: il centurione, infatti, é illuminato e si converte: “Veramente quest’uomo - dice - era il Figlio di Dio” (Mc15, 39).
Fratelli carissimi, vorrei ora invitarvi rapidamente a passare - dentro la vostra contemplazione - da questa icona del Crocifisso all’icona del Sepolcro vuoto e dei “lini che giacciono” senza contenere più le sue spoglie mortali entrate nella gloria della risurrezione; all’icona, poi, del giardino dove Maria di Magdala lo riconosce dalla voce; all’icona, infine, del Risorto che, con un Volto sempre nuovo, si fa pellegrino sulle strade... da quella che si avvia verso Emmaus a quella che porta al Cenacolo, dalla spiaggia del mare di Tiberiade alla strada in salita che conduce al monte dell’appuntamento.
Il Risorto pellegrino cerca i suoi, cerca perennemente ogni uomo nei suoi nascondigli; e ci invita, a nostra volta, a cercarlo nei Suoi nascondimenti, a riconoscerLo nel volto degli ultimi della storia, nei quali egli perennemente sosta come dentro una Sua dimora, secondo le Sue parole: “Quello che avrete fatto al più piccolo dei miei fratelli, voi l’avrete fatto a Me” (Mt 25, 40).
Nasce così la Speranza.
La Speranza di un Dio che é “presente” anche quando appare “assente”; la speranza di una “ricerca” che può giungere all’ “incontro”, di una sete che può essere saziata, di un’attesa che si concluda con l’abbraccio.
“Andate - egli dirà sul monte - Andate, annunciate il Vangelo ad ogni creatura!” (Mt 28, 20). Nasce la speranza di uomini capaci di vivere in un perenne “andare”, perché la Parola sia annunciata e la vita del mondo si apra alla luce del Risorto.
È dentro questo contesto, fratelli carissimi, che non posso non pensare all’Agenda di speranza per il futuro del Paese, che tutte le chiese d’Italia - e noi particolarmente - siamo chiamati a scrivere e a realizzare in vista della grande Settimana Sociale dei Cattolici italiani che si terrà proprio nella nostra città, a
Reggio Calabria, dal 14 al 17 Ottobre di questo 2010.
È la 46.ma Settimana che verrà qui vissuta. Già un’altra volta la nostra città fu protagonista di questo evento: ciò avvenne esattamente 50 anni or sono, quando fu celebrata la 33.ma Settimana Sociale, che trattò il tema delle migrazioni.
Quest’anno, in un contesto completamente nuovo, e dentro una cultura permeata sempre dai valori cristiani, ma insidiata - tra l’altro - dal diffondersi di un relativismo esasperato, il tema ci impegnerà in una direzione finora non attraversata: quella di pensare, scrivere e attuare un’Agenda di speranza per il futuro del Paese.
Dico “pensare, scrivere e attuare”. Si tratta di “agenda”, infatti.
Ed “agenda” è in sostanza una parola della lingua latina: significa le “cose che devono essere fatte”.
È necessario dunque “pensare”; è importante “scrivere” ciò che si è “pensato”; ma è indispensabile “attuare” ciò che viene pensato e scritto. E ciò in vista del “futuro del Paese”. Un futuro che sarà fragile, se non si lotterà, insieme e con passione, per il “bene comune” di tutti.
E tutto questo avviene in una stagione difficile, non solo dell’Italia, ma dell’Europa e del mondo; e non solo a motivo della crisi economica internazionale, ma a motivo di una crisi esistenziale più profonda, che tocca il senso stesso della vita dell’uomo e del suo essere nel mondo.
Per questo, “l’Agenda di speranza per il futuro del Paese” é un impegno che ci coinvolge pienamente.
A sostenerci nell’impegno è anzitutto il Pontefice Benedetto XVI, che nella sua ultima Enciclica Caritas in veritate ci invita a renderci protagonisti, non solo, a livello ideale, di un “pensiero nuovo”; ma, a livello operativo, di un’opera di “discernimento” concreto che conduca alla scelta di “soluzioni nuove”.
A sostenerci, è anche la stessa Conferenza dei Vescovi italiani che, per bocca del suo Presidente, il Cardinal Angelo Bagnasco, ci ha di recente ricordato che “ciascuno di noi è chiamato in causa in quest’opera d’amore verso l’Italia”.
Un’espressione davvero felice che ci aiuta ad incarnare il sentimento dell’amore per il Paese nella concretezza del vissuto, nella pluralità di gesti concreti.
Da tempo, grazie a Dio, la nostra Chiesa diocesana sta camminando verso la Settimana Sociale di Ottobre.
Un apposito Comitato si raduna periodicamente per dare il suo contributo di riflessione, di proposte e di concreto sostegno allo svolgersi di quelle giornate.
Da tempo, in particolare, il nostro Settimanale diocesano, L’Avvenire di Calabria, si distingue nel tenere desta l’attenzione di tutti su questa singolare tappa del nostro cammino ecclesiale con una serie di spunti che invitano a conoscere, pensare, riflettere, operare.
Ora, occorre che tutte le realtà della nostra Chiesa locale si mobilitino in vista del singolare appuntamento: le Parrocchie, le Associazioni (già si segnala l’aprirsi, a questo cammino, dell’Azione Cattolica), i Gruppi, i Movimenti. Tutto insomma il nostro mondo ecclesiale deve diventare un “popolo che cammina” per essere pronto ad Ottobre ad accogliere, accompagnare, condividere, dialogare... vivere insomma, con i cattolici dell’Italia intera, una indimenticabile esperienza che potrà diventare oltremodo significativa per la storia di questo territorio, oltre che per il cammino cristiano dell’Italia intera.
Quel che il Comitato scientifico, che organizza le Settimane Sociali, si attende è che da questa mobilitazione - nostra e dell’Italia intera - emergano un insieme di pochi problemi - cinque-sei, non di più - intorno ai quali si realizzi una serena analisi, una discussione approfondita, un discernimento comunitario, per giungere a delle proposte operative, concrete, precise, da offrire all’intera Nazione come contributo dei cattolici italiani alla crescita del Paese e del suo futuro.
Problemi e proposte operative da scegliere, ovviamente, all’interno della vita della gente, dei problemi culturali, politici ed economici, all’interno del cammino dei giovani e dei fanciulli, dentro lo spessore delle famiglie, o nell’esperienza della sofferenza, nel panorama insomma della vita e del suo valore.
Esprimo, per questo, il mio compiacimento a tutte quelle realtà della Chiesa diocesana che hanno già cominciato questa sorta di “laboratorio comunitario di base”; ed esorto tutte le altre ad iniziare a vivere la stessa esperienza, che sicuramente servirà per coinvolgere l’intero Popolo di Dio che è in Reggio Calabria-Bova in questo progetto dei cattolici italiani che si avvia a stilare l’Agenda di
speranza per il futuro dell’intero paese.
Un’Agenda, cari fratelli, che sarà ufficialmente definita e scelta, ad Ottobre, più o meno nell’imminenza di una data storica per l’Italia, qual è quella dei 150 anni dalla sua Unità, che ricorre nel 2011.
Ma un’Agenda che affonda le sue radici molto più in là nel tempo, alle origini stesse del cristianesimo e della sua storia: le affonda nel divino evento della Risurrezione di Cristo, che segna l’intervento più alto di Dio “dentro ed oltre” la storia dell’uomo.
È con il pensiero e il cuore rivolti a Colui, che per amore nostro ha donato se stesso, e nella speranza che tutti possiamo incontrarlo lungo i passi della nostra vita terrena, aperta all’eterno, che saluto tutti e ciascuno di voi, fratelli carissimi, assicurandovi il mio ricordo nella preghiera e chiedendo il vostro: nella certezza che la comunione in Cristo renderà Pastore e Fedeli più vicini al desiderio del Suo cuore.
La Vergine, Madre della Consolazione, che nel segreto e nel silenzio ha contemplato il Volto del Figlio Risorto, ci sostenga con la sua materna tenerezza nel nostro cammino di ricerca e di testimonianza; e ci renda capaci di essere nel mondo umili strumenti della Sua presenza, per il bene di tutti e per un futuro più umano e più sacro del nostro Paese.
+ Vittorio Mondello
Arcivescovo Metropolita
"Tutto l’essere ed operare delle creature ha da andare a Dio: cioè tutto farsi a sua gloria".
"Un albero si secca, se si fa spesso mutar di luogo".
"Una ferita nel corpo ti fa gemere, tante ferite mortali nell’anima non ti pesano. Prega, prega Dio che te le faccia sentire, e se ottieni la grazia, cercherai il medico che ti guarisca, né ti quieterai finché non abbi ricuperato la vita, e la salute".
"Tre generi di vita si possono menare da viventi: viver da bruto, viver da uomo, viver da cristiano.
Il bruto è regolato dai soli sensi, l’uomo dalla ragione, il cristiano dalla fede".
"Temete la calca enorme dei vostri peccati? Maria è impegnata ad impetrarvi l’indulto, e la remissione".
"Si guardi di non giudicar male alcuno, né condannarlo, ma più tosto giudichi e condanni se stesso".
"Un albero si secca, se si fa spesso mutar di luogo".
"Una ferita nel corpo ti fa gemere, tante ferite mortali nell’anima non ti pesano. Prega, prega Dio che te le faccia sentire, e se ottieni la grazia, cercherai il medico che ti guarisca, né ti quieterai finché non abbi ricuperato la vita, e la salute".
"Tre generi di vita si possono menare da viventi: viver da bruto, viver da uomo, viver da cristiano.
Il bruto è regolato dai soli sensi, l’uomo dalla ragione, il cristiano dalla fede".
"Temete la calca enorme dei vostri peccati? Maria è impegnata ad impetrarvi l’indulto, e la remissione".
"Si guardi di non giudicar male alcuno, né condannarlo, ma più tosto giudichi e condanni se stesso".