Dall’umile Cappella dell’Eremo alla sontuosa Basilica (1532 — 1972)
di P. Remigio Le Pera
Il tempo scorre veloce. I secoli si succedono ai secoli e gli avvenimenti agli avvenimenti, distruggendo o perfezionando le cose. Le guerre, i terremoti, dove passano, lasciano le rovine fumanti delle città colpite da sì gravi calamità.
Reggio, almeno per la Calabria è stata una delle città più colpite. Più volte distrutta dai fatali moti tellurici; più volte devastata e incendiata da pirati, avidi di bottino e di sangue, la nobile città di Reggio è sempre rinata più bella e più grande, attaccata alla sua terra, al suo mare fatato, alle sue colline, alle sue riviere profumate di zagara e al suo cielo di cobalto.
La città della Fata morgana, nei secoli, ha tutto sofferto: distruzioni, devastazioni, dominazioni straniere e altre calamità. A questi tristi ricordi balzano pure pagine piene di gloriosa storia sfolgoranti di eroismo e di fede.
A questa lunga alternativa di storia reggina s’innesta, per una serie di vicende provvidenziali, quella dell’Eremo situato sulle sabbiose alture della città.
L’Eremo, per Reggio, rappresenta un simbolo, un palladio, un parafulmine, parte del suo cuore, della sua vita sociale e cristiana. Rappresenta quattro secoli e mezzo di comune storia con il popolo regino, sempre palpitante e radioso di fede e di speranza.
Riandiamo all’origine dell’Eremo, nel lontano 30 maggio 1532, quando i Frati Cappuccini s’insediarono colà chiamati da Mons. Centelles. Iniziava, così, lentamente, ma con intenso fervore, la trasformazione con una serie ininterrotta di prodigi. Da un punto oscuro si muta in faro luminoso, in un laboratorio di anime che si distaccano da quelle che vivono nel mondo, perché si dedicano alla perfezione evangelica della propria vita per rendersi utili nell’apostolato popolare.
I cenobiti dell’Eremo, usciti dal fervore della riforma Cappuccina scaturita per una esuberanza di vitalità spirituale del grande albero francescano, furono i primi abitatori del sacro luogo, onde il Vitrioli giustamente poteva affermare, che Reggo “può gloriarsi del chiostro antico dei suoi Cappuccini”. Essi non solo pensavano allo spirito, ma non trascuravano di trasformare la loro dimora, che divenne la più importante e vetusta della Calabria, incrementando il culto della Vergine della Consolazione, che avevano trovato nella rustica cappelluccia.
Costruiscono un convento; ingrandiscono la Chiesa; pensano ad un nuovo Quadro da porre sull’altare maggiore. Ciò avveniva nel 1547 con grande solennità. “Il nuovo Quadro fu benedetto nel Duomo di Reggio il giorno dell’Epifania del 1518 dall’Arcivescovo D’Agostino dei Duchi Gonzaga di Mantova, con l’intervento degli Abati di S. M. Assunta di Bagnara e di S. M. della Gloria di Mileto.La sera dello stesso giorno venne portato processionalmente all’Eremo”.
Con la costruzione del convento e della Chiesa, anche il giardino, con donazioni, venne ingrandito per comodità dei frati, i quali, da arido e sterile, lo resero fertile e verdeggiante. Il P. Securi ci assicura, che sino al 1840 “la chiesa ed il convento, tranne piccole modifiche, mantennero la medesima umile forma che ebbero nella loro fondazione. E se si eccettua il breve tempo in cui fu chiuso, dopo il terremoto del 1783, il convento rimase sempre in funzione fino alla soppressione del 1860, che fu trasformato in ricovero per invalidi. Con tale soppressione i cappuccini dovettero abbandonare l’Eremo con l’annesso Santuario, dove tanti e cari ricordi di pietà, di scienza e di apostolato vincolavano i buoni religiosi. Pertanto poterono ritornare, dopo 48 anni, nel 1911, per volere di Mons. Rossuet Arcivescovo di Reggio. Fino al 1922 i religiosi si adattarono ad abitare un modesto conventino-baracca accanto al Santuario.
Il terremoto del 28 dicembre 1908, che distrusse completamente la Città, non risparmio neppure 1’Eremo dei Cappuccini. Il Convento con la Chiesa divennero un ammasso di macerie. Il Santuario ben presto però, per la munificenza del Pontefice S. Pio X, fu ricostruito, benché in forma temporanea, in stile romanico; mentre il convento, per interessamento del M. R. P. Innocenzo Piccolo da Cittanova, fu ricostruito dalle fondamenta con criteri antisismici. Rimaneva da ricostruire il Santuario. Era, questo, il desiderio unanime dei fedeli e dell‘Eccellentissimo Arciv. Carmelo Pujia, il grande innamorato di Maria SS. della Consolazione. Egli sognava il Santuario-Basilica. Ma il dotto e venerando Metropolita, che, si può dire,vivesse per la Madonna, si addormentava nel Signore, lasciando l’eredità ai suoi successori. Mons. A. Lanza, il giovane e dinamico Arcivescovo calabrese, prese a cuore la vita del Santuario, ed elaborò il piano per la “Peregrinatio Mariae” nel Quarto Centenario del miracoloso Quadro, che riuscì un vero trionfo di fede. Egli pure,con le riunioni di un comitato, pensava con ansia alla costruzione del nuovo Santuario: ma la morte, repentina e precoce, lo strappò all’affetto dei fedeli.
L’aspirazione del popolo reggino, che aspettava da tempo, venne felicemente attuata dall’amatissimo Arcivescovo Mons. Giovanni Ferro, il quale, non solo ha visto sorgere il nuovo, Santuario diocesano, monumento di fede e di arte, ma ha pure avuto la consolazione di vederlo elevato a Basilica Minore. Ciò avveniva con una solenne cerimonia svoltasi alla presenza di tutte le Autorità della Città e della Provincia, di numeroso clero secolare e regolare e dinanzi ad una considerevole folla di fedeli, nel pomeriggio del 6 Gennaio 1972.
L’andito di tenti anni di aspettativa finalmente è una realtà. La gioia del popolo reggino e dei buoni religiosi dell’Eremo, che da oltre quattro secoli sono i gelosi custodi del Santuario, ha raggiunto l’apoteosi.
L’umile Cappella dopo 450 anni, in una cornice storica di vicende dolorose alternate ad indiscutibili trionfi; dopo tante» trasformazioni causate dalle cieche forze della natura, il nuovo Santuario-Basilica è una lieta realtà. Esso certamente, con maggior lustro, continuerà ad essere il faro di luce che lancerà i suoi luminosi raggi sulla nobile Città dello Stretto, incrementando quel calore dì fede evangelica che l’Apostolo Paolo, messaggero di Cristo, introdusse nell’animo del popolo reggino,
Questo Tempio, che richiama al pensiero l’apoteosi dell‘umile famiglia dei Cappuccini, che con le armi dello spirito serafico, conquistarono le anime, e da quel luogo, arido e deserto ,fecero nascere la luce e il calore, il 10 Dicembre 1965 veniva dichiarato Parrocchia, il 12 Dicembre del 1971 veniva consacrata ed il 6 Gennaio 1972 elevata alla dignità di Basilica Minore.
Deo gratias.
Il tempo scorre veloce. I secoli si succedono ai secoli e gli avvenimenti agli avvenimenti, distruggendo o perfezionando le cose. Le guerre, i terremoti, dove passano, lasciano le rovine fumanti delle città colpite da sì gravi calamità.
Reggio, almeno per la Calabria è stata una delle città più colpite. Più volte distrutta dai fatali moti tellurici; più volte devastata e incendiata da pirati, avidi di bottino e di sangue, la nobile città di Reggio è sempre rinata più bella e più grande, attaccata alla sua terra, al suo mare fatato, alle sue colline, alle sue riviere profumate di zagara e al suo cielo di cobalto.
La città della Fata morgana, nei secoli, ha tutto sofferto: distruzioni, devastazioni, dominazioni straniere e altre calamità. A questi tristi ricordi balzano pure pagine piene di gloriosa storia sfolgoranti di eroismo e di fede.
A questa lunga alternativa di storia reggina s’innesta, per una serie di vicende provvidenziali, quella dell’Eremo situato sulle sabbiose alture della città.
L’Eremo, per Reggio, rappresenta un simbolo, un palladio, un parafulmine, parte del suo cuore, della sua vita sociale e cristiana. Rappresenta quattro secoli e mezzo di comune storia con il popolo regino, sempre palpitante e radioso di fede e di speranza.
Riandiamo all’origine dell’Eremo, nel lontano 30 maggio 1532, quando i Frati Cappuccini s’insediarono colà chiamati da Mons. Centelles. Iniziava, così, lentamente, ma con intenso fervore, la trasformazione con una serie ininterrotta di prodigi. Da un punto oscuro si muta in faro luminoso, in un laboratorio di anime che si distaccano da quelle che vivono nel mondo, perché si dedicano alla perfezione evangelica della propria vita per rendersi utili nell’apostolato popolare.
I cenobiti dell’Eremo, usciti dal fervore della riforma Cappuccina scaturita per una esuberanza di vitalità spirituale del grande albero francescano, furono i primi abitatori del sacro luogo, onde il Vitrioli giustamente poteva affermare, che Reggo “può gloriarsi del chiostro antico dei suoi Cappuccini”. Essi non solo pensavano allo spirito, ma non trascuravano di trasformare la loro dimora, che divenne la più importante e vetusta della Calabria, incrementando il culto della Vergine della Consolazione, che avevano trovato nella rustica cappelluccia.
Costruiscono un convento; ingrandiscono la Chiesa; pensano ad un nuovo Quadro da porre sull’altare maggiore. Ciò avveniva nel 1547 con grande solennità. “Il nuovo Quadro fu benedetto nel Duomo di Reggio il giorno dell’Epifania del 1518 dall’Arcivescovo D’Agostino dei Duchi Gonzaga di Mantova, con l’intervento degli Abati di S. M. Assunta di Bagnara e di S. M. della Gloria di Mileto.La sera dello stesso giorno venne portato processionalmente all’Eremo”.
Con la costruzione del convento e della Chiesa, anche il giardino, con donazioni, venne ingrandito per comodità dei frati, i quali, da arido e sterile, lo resero fertile e verdeggiante. Il P. Securi ci assicura, che sino al 1840 “la chiesa ed il convento, tranne piccole modifiche, mantennero la medesima umile forma che ebbero nella loro fondazione. E se si eccettua il breve tempo in cui fu chiuso, dopo il terremoto del 1783, il convento rimase sempre in funzione fino alla soppressione del 1860, che fu trasformato in ricovero per invalidi. Con tale soppressione i cappuccini dovettero abbandonare l’Eremo con l’annesso Santuario, dove tanti e cari ricordi di pietà, di scienza e di apostolato vincolavano i buoni religiosi. Pertanto poterono ritornare, dopo 48 anni, nel 1911, per volere di Mons. Rossuet Arcivescovo di Reggio. Fino al 1922 i religiosi si adattarono ad abitare un modesto conventino-baracca accanto al Santuario.
Il terremoto del 28 dicembre 1908, che distrusse completamente la Città, non risparmio neppure 1’Eremo dei Cappuccini. Il Convento con la Chiesa divennero un ammasso di macerie. Il Santuario ben presto però, per la munificenza del Pontefice S. Pio X, fu ricostruito, benché in forma temporanea, in stile romanico; mentre il convento, per interessamento del M. R. P. Innocenzo Piccolo da Cittanova, fu ricostruito dalle fondamenta con criteri antisismici. Rimaneva da ricostruire il Santuario. Era, questo, il desiderio unanime dei fedeli e dell‘Eccellentissimo Arciv. Carmelo Pujia, il grande innamorato di Maria SS. della Consolazione. Egli sognava il Santuario-Basilica. Ma il dotto e venerando Metropolita, che, si può dire,vivesse per la Madonna, si addormentava nel Signore, lasciando l’eredità ai suoi successori. Mons. A. Lanza, il giovane e dinamico Arcivescovo calabrese, prese a cuore la vita del Santuario, ed elaborò il piano per la “Peregrinatio Mariae” nel Quarto Centenario del miracoloso Quadro, che riuscì un vero trionfo di fede. Egli pure,con le riunioni di un comitato, pensava con ansia alla costruzione del nuovo Santuario: ma la morte, repentina e precoce, lo strappò all’affetto dei fedeli.
L’aspirazione del popolo reggino, che aspettava da tempo, venne felicemente attuata dall’amatissimo Arcivescovo Mons. Giovanni Ferro, il quale, non solo ha visto sorgere il nuovo, Santuario diocesano, monumento di fede e di arte, ma ha pure avuto la consolazione di vederlo elevato a Basilica Minore. Ciò avveniva con una solenne cerimonia svoltasi alla presenza di tutte le Autorità della Città e della Provincia, di numeroso clero secolare e regolare e dinanzi ad una considerevole folla di fedeli, nel pomeriggio del 6 Gennaio 1972.
L’andito di tenti anni di aspettativa finalmente è una realtà. La gioia del popolo reggino e dei buoni religiosi dell’Eremo, che da oltre quattro secoli sono i gelosi custodi del Santuario, ha raggiunto l’apoteosi.
L’umile Cappella dopo 450 anni, in una cornice storica di vicende dolorose alternate ad indiscutibili trionfi; dopo tante» trasformazioni causate dalle cieche forze della natura, il nuovo Santuario-Basilica è una lieta realtà. Esso certamente, con maggior lustro, continuerà ad essere il faro di luce che lancerà i suoi luminosi raggi sulla nobile Città dello Stretto, incrementando quel calore dì fede evangelica che l’Apostolo Paolo, messaggero di Cristo, introdusse nell’animo del popolo reggino,
Questo Tempio, che richiama al pensiero l’apoteosi dell‘umile famiglia dei Cappuccini, che con le armi dello spirito serafico, conquistarono le anime, e da quel luogo, arido e deserto ,fecero nascere la luce e il calore, il 10 Dicembre 1965 veniva dichiarato Parrocchia, il 12 Dicembre del 1971 veniva consacrata ed il 6 Gennaio 1972 elevata alla dignità di Basilica Minore.
Deo gratias.
"Tutto l’essere ed operare delle creature ha da andare a Dio: cioè tutto farsi a sua gloria".
"Un albero si secca, se si fa spesso mutar di luogo".
"Una ferita nel corpo ti fa gemere, tante ferite mortali nell’anima non ti pesano. Prega, prega Dio che te le faccia sentire, e se ottieni la grazia, cercherai il medico che ti guarisca, né ti quieterai finché non abbi ricuperato la vita, e la salute".
"Tre generi di vita si possono menare da viventi: viver da bruto, viver da uomo, viver da cristiano.
Il bruto è regolato dai soli sensi, l’uomo dalla ragione, il cristiano dalla fede".
"Temete la calca enorme dei vostri peccati? Maria è impegnata ad impetrarvi l’indulto, e la remissione".
"Si guardi di non giudicar male alcuno, né condannarlo, ma più tosto giudichi e condanni se stesso".
"Un albero si secca, se si fa spesso mutar di luogo".
"Una ferita nel corpo ti fa gemere, tante ferite mortali nell’anima non ti pesano. Prega, prega Dio che te le faccia sentire, e se ottieni la grazia, cercherai il medico che ti guarisca, né ti quieterai finché non abbi ricuperato la vita, e la salute".
"Tre generi di vita si possono menare da viventi: viver da bruto, viver da uomo, viver da cristiano.
Il bruto è regolato dai soli sensi, l’uomo dalla ragione, il cristiano dalla fede".
"Temete la calca enorme dei vostri peccati? Maria è impegnata ad impetrarvi l’indulto, e la remissione".
"Si guardi di non giudicar male alcuno, né condannarlo, ma più tosto giudichi e condanni se stesso".