Centenario del ritorno dei Padri Cappuccini all’Eremo della Consolazione di Reggio Calabria (1911-2011)
Domenica 5 giugno u.s. si è tenuto un solenne concerto musicale, preceduto da un intervento del Superiore e Parroco del complesso conventuale, per commemorare il centenario del ritorno dei Cappuccini al loro luogo eremitico.
Completeranno questo apprezzatissimo momento celebrativo un convegno e una mostra, con esposizioni di materiale artistico, documentale e fotografico inedito, che saranno realizzati nel corso dell’anno.
Qui di seguito, intanto, pubblichiamo l’intervento del padre Sinopoli, la nota sul concerto e la galleria fotografica.
La gioia di condivisione di alcuni momenti importanti della nostra storia
E’ sempre una gioia accogliervi nella Casa del Signore, dedicata alla Beata Vergine Maria Madre della Consolazione, Patrona e Protettrice della città di Reggio, nonché Patrona della Provincia dei Frati Minori Cappuccini di Calabria. Ma gioia ancor più grande è condividere con voi alcuni momenti importanti della nostra storia cappuccina, a cui seguirà un sontuoso concerto musicale, realizzato in collaborazione con l’Associazione Culturale - Coro Polifonico "Madonna della Consolazione".
Quest’anno ricorre il Centenario del ritorno dei Padri Cappuccini all’Eremo, dopo che erano stati cacciati in seguito alla Legge eversiva del 7 luglio 1866, con la quale lo Stato sopprimeva gli ordini religiosi e ne incamerava i beni. Legge iniqua e devastante per la portata storica anche nei confronti dei cappuccini che, in modo particolare, a Reggio si erano resi benemeriti soprattutto nelle vicende drammatiche, come la peste, le guerre, le carestie, le alluvioni, i terremoti, scrivendo pagine stupende di santità e di amore per la Città fedele al trinomio “Madonna- Cappuccini- Reggio, che fin dall’insediamento cinquecentesco della famiglia della riforma cappuccina si è andato via via affermando, sino a costituirsi in un’identità di appartenenza inscindibile.
E’ stata la Vergine Maria a sancire questo trinomio, allorquando, apparendo in visione nel 1576-77, prima, a fra Francesco Foti da Reggio Calabria, gli disse "essere la volontà del suo divin Figliuolo ch’egli insieme agli altri due religiosi, dimoranti nello stesso convento, fra Girolamo da San Giorgio e fra Girolamo da Montesoro, ambedue sacerdoti, corra tosto in città a prestare caritatevole assistenza agli infelici suoi concittadini, già colpiti dal male" della peste (F. Securi); e, poi, a fra Antonino Tripodi, anch’egli nativo di Reggio Calabria, rivelandogli di essere contenta di fare la grazia, e cioè di liberare la "povera città di Reggio dalla presente tribolazione della peste"; "e in segno - continuò la Vergine- voglio che tu dica al Vicario Generale dell’Arcivescovo che faccia fare solenne processione, che vengano a visitare questa mia chiesa e a ringraziarmi per beneficio già ricevuto ed impetrato dal mio dolcissimo Figliuolo" (Padre Campagna).
Questo trinomio è stato negli anni avvenire confermato dalla benevolenza della Vergine santa, con inequivocabile chiarezza, mostrandosi in visione ad altri "frati del popolo", tra i quali menzioniamo padre Bernardino Molizzi, fra Martino Garusi, fra Benedetto da Galato, il ven. padre Gesualdo Malacrinò.
Queste visioni testimoniano, ancora, la singolare predilezione della Madonna Consolatrice verso i frati cappuccini ed i reggini, da una parte, e il fortissimo amore dei frati cappuccini verso la Mamma celeste, dall’altra. Un amore che nei figli di san Francesco, sull’esempio di Maria, si è fatto dono di vita a Dio e al prossimo, vivificato quotidianamente dal docile ascolto e dall’annuncio della Parola di Dio, dalla preghiera incessante, dalla penitenza, dal servizio caritatevole ai poveri e agli orfani, dal conforto agli ammalati; e nei reggini con sempre più frequenti pellegrinaggi, di preghiera e di penitenza, e doni votivi per implorare grazie e favori o per ringraziarLa delle consolazioni ottenute. Chi può contare “le carezze spirituali e temporali” elargite, specie durante i tristi eventi storici, ai cappuccini ed ai reggini , che dal 1548 ad oggi, si sono inginocchiati davanti a questo “Quadro”, raffigurante la Vergine Maria con il bambin Gesù fra le braccia e con san Francesco d’Assisi e sant’Antonio di Padova? «Basti il dire – scrive il Securi – che nella peste, nella carestia, nel terremoto, nella guerra, e in tanti altri mali che afflissero acerbamente e per molte fiate la bella città di Reggio, la Vergine della Consolazione si mostrò sempre dei frati e del popolo Reggino con singolare affetto Madre, Protettrice ed Avvocata».
Un trinomio così forte e avvincente sembrava che non potesse essere mai scomposto. E invece la storia ci ha dimostrato che è stato possibile e nella maniera più esecrabile, specie con la summenzionata soppressione degli ordini religiosi a seguito della Legge eversiva del 7 luglio 1866. I frati cappuccini sono stati cacciati dal loro luogo eremitico non consentendo loro di portare con sé neppure un segno. Ma quello che più ha ferito i loro cuori è stato l’allontanamento dalla loro Madre.
La popolazione, i benefattori ed i figli spirituali si son sentiti trafiggere il cuore nel vedere, ancora una volta, i “loro frati” lasciare, in lacrime, il Santuario e l’annesso convento e, soprattutto, nel ritenersi orfani della loro presenza e del bene che essi operavano. Nessuna pietà da parte delle Autorità, eppure questo Santuario non era un santuario qualsiasi: era la dimora della Patrona e Protettrice della Città; e i cappuccini non si erano mai risparmiati nell’accorrere dove vi era bisogno, così come erano sempre pronti ad accogliere e a beneficiare chiunque si fosse presentato nella Casa di Dio o avesse bussato al convento per un pezzo di pane ed una minestra calda.
La forzata partenza dei frati, che ha significato anche l’allontanamento della loro "Porziuncola", ha fatto emergere da subito un profondo disagio nei poveri, negli orfani e nei deboli. La stessa Città, che doveva trarre vantaggi socio-strutturali dall’appropriazione della struttura conventuale con annessi beni e dall’acquisizione della gestione del Santuario, almeno come pensavano le Autorità, è andata lentamente ad "oscurarsi" e ogni giorno cresceva nella popolazione la nostalgia dei cappuccini all’Eremo, perché appariva ormai evidente che mancava una componente tanto importante quanto vitale nel rapporto esistenziale tra Reggio e la Madonna, e cioè i Cappuccini. Bisognava ricostituire il trinomio per dare nuovo impulso alla speranza promozionale e propulsiva nel cuore della Città.
Ma il ritorno dei cappuccini all’Eremo - nonostante sia stato caldeggiato da Vitrioli, sacerdote e presidente della Commissione Arcivescovile, dal comm. Andiloro Pro Sindaco della Città, e da mons. Emilio Cottafavi , Delegato Pontificio, e nonostante il desiderio del Papa, «che non avrebbe rifatto il Santuario qualora non fosse ritornato in mano dei cappuccini» - non è stato facile . Troppe sono state le difficoltà sollevate dalle Autorità, nonostante una richiesta ufficiale, umiliata personalmente, del Ministro Provinciale dei Cappuccini del tempo all’Arcivescovo Gennaro Portanova, il quale aveva già controfirmato, il 23 luglio 1896, la stipula di una convenzione con il Sindaco Domenico Tripepi, con la quale si era definito "il passaggio" del Santuario alla Curia e si erano precisati i ruoli e le competenze riguardo ad «altro suolo adiacente, bisognevole per l’erezione della nuova Chiesa donata dal Santo Padre» , alle offerte, ai servizi religiosi, alla pia pratica dei sabati , alla festa in onore della Madonna della Consolazione.
E’ stato mons. Rinaldo Camillo Rousset, nuovo Pastore dell’Arcidiocesi, succeduto al card. Portanova, a convocare il padre Tommaso da Montenero, Commissario Generale dei Cappuccini, chiedendogli di assumere nuovamente il servizio pastorale del Santuario, secondo gli obblighi contenuti nel contratto del 13 giugno 1910, il cui iter non è stato assolutamente agevole, anche perché i Cappuccini avrebbero desiderato che fossero loro riconosciuti i diritti goduti fino a circa mezzo secolo prima, sia riguardo al Santuario con relativi servizi religiosi e festa e sia riguardo all’area ove ricostruire il convento con annesso giardino.
Evidentemente la provvidenza ha voluto che niente di quanto era stato loro sottratto venisse restituito, mancando di rispetto anche nei confronti dei benefattori e dei devoti che, per devozione verso la Vergine della Consolazione e per ammirazione verso i "loro frati", ne avevano fatto dono.
La gioiosa Lettera pastorale del Commissario Generale dei Cappuccini
Ma da tanta immane sofferenza è sgorgata infinita gioia, allorquando il Commissario Generale dei Cappuccini, padre Tommaso da Montenero, ne annunciava al Ministro Generale dell’Ordine e alle Fraternità locali, il ritorno dei Cappuccini al loro luogo eremitico, dopo circa 45 anni, con una Lettera Pastorale del 24 aprile del 1911, scrivendo tra l’altro:
Allorché i nostri Padri, fondatori di questa gloriosa Provincia monastica, vivevano ritirati e in rigida povertà nell’eremo di Valletuccio, alla Sede metropolitana di Reggio veniva innalzato un illustre Prelato, ornato di cuore generoso e di ammirabile ingegno, ma quello che è più da apprezzarsi, di una pietà soda, di prudenza e di zelo illuminato per il bene della Chiesa. Questi fu Mons. Girolamo Centelles. A buon diritto celebro le sue lodi ed il suo zelo, poiché egli fu, che con la sua mente intuendo sin dal principio qual vantaggio poteva ritrarre per il bene dell’Archidiocesi dagli Ordini religiosi, non contento di aver chiamato i figli del Taumaturgo S. Francesco di Paola, volle invitare la nostra nascente Congregazione a trapiantarsi a Reggio. Con quanta letizia e docilità accolsero l’invito del Pastor Reggino i nostri umili Padri non è da dirsi, avendo una prova irrefragabile(?) nel fatto che, lasciato immediatamente l’eremo di Valletuccio, nel 1533 si trasferirono a Reggio, accettando per abitazione da un pio Benefattore un piccolo ospizio con una cappelletta dedicata alla Vergine della Consolazione. Ma la carità pietosa del zelante Presule non si arrestò, non potendo soffrire che i religiosi stessero tanto a disagio in sì ristretto abituro; e però indusse i cittadini alla costruzione di un modesto Convento e di una Chiesa più grande che divenne il Santuario della Madonna della Consolazione e la culla dell’Ordine nostro in questa regione Calabra.
Dopo il Centelles si successero tanti illustri Presuli nella Cattedra di Reggio, che si distinsero per la loro affezione, protezione e generosità verso di noi e che meriterebbero di essere additati alla vostra riconoscenza; ma sorvolando tutti, spingo rapidamente lo sguardo ed alla distanza di quasi 4 secoli mi trovo dinanzi ad un altro illustre Prelato, degno successore di Mons. Centelles e non men dotto e pio di lui. Voi già mi avete compreso che intendo parlare di Mons. Rinaldo Rousset, inclito ornamento dell’Ordine Carmelitano, del quale resse le sorti qual Generale, ed oggi decoro e vanto dell’Archidiocesi di Reggio. Per le sue eminenti virtù e dottrina meritossi la fiducia del S. Padre Pio X, che lo innalzava alla Sede Vescovile di Bagnorea e gli dava importanti e delicate commissioni, ed ancor io lo ricordo, quando venne in Foligno, dov’io dimorava, per un incarico delicatissimo.
Reggeva e governava ancora la sua diletta Diocesi di Bagnorea con ammirabile sapienza e prudenza, quando la Metropoli reggina, già vedovata del suo Pastore, fu colpita dal disastro del terremoto 1908, che seppellì sotto le macerie la maggior parte degli abitanti, rimanendo i superstiti derelitti, bisognosi e terrorizzati dallo spavento. Ci voleva dunque un Angelo consolatore, che lenisse i dolori, arrecasse conforto ed abbracciasse tutti con cuore generoso. Or quest’Angelo consolatore il S. Padre lo rinvenne in Mons. Rinaldo Rousset; e però lo invia qual metropolita in mezzo ai suoi figli di Reggio. E noi l’abbiamo visto col suo volto sereno, col suo cuore grande e paterno farsi tutto a tutti, accorrere sollecito a qualunque bisogno del suo mistico gregge, lieto d’incoraggiare, di confortate, di alleviare, di tergere le lagrime e di promuovere con zelo il bene tra i Reggini con opere ed istituzioni cattoliche; talché a buon diritto e con tutta verità può ripetere le parole dell’Apostolo: Os meum patet ad vos, o Rheginenses, cor nostrum dilatatum est, non angustia mini in nobis; tanquam filiis dico, dilatamini et vos (2 Cor. VI,II).
Or quest’Angelo consolatore, questo novello Mons. Centelles invita di nuovo i Cappuccini, gli umili fraticelli della Vergine della Consolazione a salire il sacro monte. E li invita non come il Centelles, che presagiva e prediceva il bene futuro che i religiosi avrebbero arrecato alla sua Chiesa Reggina; ma Egli nel suo spirito eminentemente religioso, dall’esperienza e dalla storia cittadina ammaestrato, ricorda e dimostra a tutti col fatto qual vantaggio arrecarono i Cappuccini alla città, qual servizio resero nelle pubbliche calamità e come per le loro preghiere dinanzi alla celeste Consolatrice la città fu liberata da diversi flagelli e specialmente dalla peste e dai terremoti. E chi sa che la Vergine non ci avesse liberati anche dall’ultimo disastro del 1908, se i religiosi non ne fossero stati scacciati per l’infausta e malaugurata legge di soppressione! Dubitando dico e non asserendo. Ma non rammentiamo epoche dolorose, e confidiamo anzi in un più lieto avvenire, che sta sorgendo per noi e per la Calabria e singolarmente per la città di Reggio, essendoci oggi concesso per mezzo di Mons. Rinaldo Rousset di ritornare ai piedi della celeste Regina della Consolazione, che non a caso ed invano è assisa in trono con in braccio il divino Infante ed ai lati il Serafino di Assisi ed il Taumaturgo di Padova, quasi volesse indicarci tra i più soavi affetti che c’ispira, che come si renderebbe inesplicabile la vita cittadina e religiosa di Reggio senza la sua Madonna della Consolazione, così lo sarebbe senza i religiosi Cappuccini al Santuario. Il Santuario della Consolazione, la città Reggina ed i Cappuccini formano un tutto storico e divinamente bello, che Iddio congiunse insieme, e che non può essere separato da nessuno, senza andare contro l’ordinamento divino.
Ecco perché il nostro ritorno colà sarà un avvenimento di conforto e di gaudio, non solo per noi, che tanto tempo sospirammo di volare al nostro antico nido e non potemmo, ma anche per la città, che ne risentirà i più benefici effetti. Il nostro voto pertanto è adempiuto e possiamo cantare l’inno di ringraziamento alla nostra celeste Regina e Madre. Ma dopo la Vergine dobbiamo professare e conservare imperitura memoria e viva e singolare gratitudine al subbenemerito Mons. Arcivescovo Rousset, e con lui a quella parte del Clero Reggino ed anche del ceto laicale, che contribuirono a sì felice successo, e specialmente all’illustre Gentiluomo, il signor Commendatore, D. Giuseppe Avv. Andiloro, Cameriere di Cappa e Spada di S.S., che tanto si adoperò per la completa rivendicazione del Santuario e fu quasi l’anima del movimento religioso verso il detto Santuario e verso noi Cappuccini. A nome pertanto della Provincia monastica e dei Superiori Generali dell’Ordine, tributo Loro un pubblico ed alto encomio e li ringrazio con tutta l’effusione del cuore».
Con lo spirito e lo zelo degli antichi padri, il 30 giugno 1911 sono saliti all’Eremo, infatti, padre Atanasio e fra Francesco per stabilirsi colà, in attesa degli altri, non appena vi sarebbe stata la disponibilità degli ambienti. Il 3 luglio si sono portati, invece, p. Rosario con don Vitrioli per individuare l’esatto spazio ove far sorgere la baracca-chiesa per collocarvi il Quadro essendo ormai imminente il rito dei sabati in preparazione della festa . La chiesa baraccata è stata approntata in quindici giorni circa e misurava di lunghezza metri 15 e cm 50 e di larghezza metri 5.
Col ritorno dei cappuccini, «risuonerà sul sacro colle – così il padre Giambattista Familiari - la salmodia notturna e diurna, e nel silenzio della notte echeggerà, nel vicino bosco e nel sottostante colle, il canto dei frati, e ricorderà ai passanti che ivi trovansi i figli della Vergine Immacolata, Consolatrice del popolo reggino, dì e notte, al di lei servizio consacrati».
Il saluto festante della popolazione
Il tripudio della popolazione per il ritorno dei cappuccini all’Eremo lo si coglie limpidamente in un articolo del concittadino Franco Cartello, pubblicato nell’ottobre 1911 su "Eco di nostra Signora della Consolazione", e così espresso:
Dopo quasi quarantacinque anni dacché gli umili fraticelli di Francesco d’Assisi lasciarono col pianto negli occhi e la tristezza nell’anima il colle sacro a Maria, vollero i disegni della Provvidenza che fossero novellamente restituiti nei loro successori là donde un giorno vennero scacciati.
E tornarono: e con essi non soltanto tornano a riallacciarsi antiche e care tradizioni, ma un’aura di fresca e soave poesia torna ad aleggiare tra’ cipressi
dell’ombrosa erma collina...
Salutiamoli!
Certo, la vecchia chiesa e l’antico cenobio, sotto le cui volte austere, nelle cui cellette bianche e disadorne, avevano echeggiato per tanti anni, nel mezzo delle notti silenziose, nelle albe vermiglie e ne’ quieti tramonti, le tante salmodie de’ frati, non sono più che un triste ammasso di rovine. Ma che importa? Ogni pietra di quelle stesse macerie, ogni zolla di quella terra, fatta sacra dalla fede di più che quattro secoli, conservano in sè il tesoro di tante memorie che nessuna forza umana potrebbe sminuire l’affetto vivo del nostro cuore per quei luoghi consacrati a Maria e per i suoi fraticelli.
Salutiamoli! ed evochiamo insieme con commosso orgoglio di cittadini i loro santi ed eroici predecessori: il P. Ludovico Comi, primo fondatore della monastica famiglia, i PP. Bernardino Molizzi, Matteo Sacco, Giovanni Candela e quell’Antonino Tripodi, ancora venerato dal popolo come operatore di prodigi; i quali, con tanti altri, cittadini e non cittadini, non soltanto pregarono ed insegnarono a pregare, non soltanto furono pietosi soccorritori nelle pestilenze e nelle carestie, ma nell’arida valle loro concessa per dimora, infeconda per scarsa vena di acqua, seppero dare col lavoro assiduo e paziente delle loro mani l’incanto di coltivati giardini e l’austera bellezza dei boschi; come ne’ giorni del periglio con lo stesso fervore seppero difendere l’indipendenza della patria ed il sacro retaggio della fede...
Oh, pie e forte gente! oh, le belle e gloriose pagine di storia tracciate dalla loro abnegazione e dal loro eroismo! Perchè a’ fanciulli del popolo, nelle pubbliche scuole, i fasti del vecchio cenobio, intorno a cui tanta e gloriosa parte della storia nostra si ricollega, non vengono narrati?
Non forse le giornate del settembre del 1595 valgono quelle, memorande per eroici ardimenti, di tempi a noi men lontani?
Un pugno di valorosi, tra cui le cronache ricordano i nobiluomini Alfonso Spanò, Francesco Monsolini e Ludovico Carbone, insieme con i più giovani frati, dalle mura del piccolo orto del convento, sulle quali, ad incorarli, sta diritto, alta la croce, esposto a’ colpi nemici, il P. Guardiano Gabriele da Castrisciano, sostiene per molte ore il fiero assalto de’ Musulmani, gl’incalza giù pel vallone e le vie della città, e li volge a disastrosa fuga. E quando, ne’ dì seguenti, invelenito per le patite sconfitte, come narra con colorita parola Tommaso Vitrioli, il primo storico del Santuario, Sinan Bassà Cicala, mette a terra il meglio delle sue soldatesche (ben cinquemila uomini!) sono delle vere battaglie che quei prodi, rafforzati da altri cittadini, gagliardamente sostengono...
Belle battaglie! combattute col nome di Maria e della Patria sulle labbra, accanto alla vecchia tavola del Caprioli, annerita e logora da’ secoli, ma in cui si appuntano e si appunteranno ancora gli occhi di tanti afflitti; verso cui "domani" anche tra le crollate mura della città saliranno fervide preci e canti di allegrezza.
Salutiamola: e il nostro Carroccio! E con essa, con l’immagine di Colei, in cui s’aduna
quantunque in creatura è di bontate
e che in nostra loquela noi chiamammo col dolce nome di Madonna della Consolazione, salutiamo i suoi umili fraticelli, restituiti a’ luoghi ed al posto loro assegnati della Provvidenza, in un’ora solenne per la patria nostra, quasichè i loro destini dovessero ancora una volta essere collegati a quelli della nostra città.
Salutiamoli! Tornano con essi a riallacciarsi antiche e care tradizioni ed un’aura di fresca e soave poesia ad aleggiare tra’ cipressi
dell’ombrosa erma collina!
Continuando il nostro pellegrinaggio
Il Centenario del ritorno dei padri Cappuccini alla loro "Porziuncola" merita di essere celebrato, dopo il riuscitissimo concerto diretto dal maestro Luigi Miriello, con un bel pellegrinaggio storico-devozionale e con una, sia pur essenziale, rivisitazione della presenza cappuccina accanto alla Madre della Consolazione e, ovviamente, del loro forzato allontanamento dal luogo eremitico mediante provvedimenti istituzionali mirati, allo scopo di usurparne i beni, di cui la stragrande parte è stata preda dei potenti e dei benestanti e, purtroppo, anche di custodi-approfittatori tentando di trarre qualche utile per alleviare la loro indigenza.
La triste conseguenza è che sia andato dilapidato un patrimonio storico-documentale-artistico-religioso di valore inestimabile, la cui esistenza avrebbe sicuramente dato lustro e onore non solo ai Cappuccini e al loro Ordine, ma anche a Reggio Calabria, alla Calabria, all’Italia e, perché no, al mondo intero.
Il concerto
Non si poteva dar inizio ad una degna commemorazione del Centenario del ritorno dei padri Cappuccini all’Eremo se non con un solenne concerto vocale e strumentale.
Proposta al maestro Luigi Miriello, l’idea è stata entusiasticamente fatta propria dalla ormai nota Associazione Culturale-Coro Polifonico "Madonna della Consolazione", di cui presidente è la signora Ielo Patrizia.
Tale Associazione è "attiva - come informa la Presidente Ielo - da oltre un decennio sul territorio in ambito musicale con musicale con l’intento di valorizzare, incrementare e diffondere la musica classica, con particolare attenzione nei confronti di quella corale".
Per questo grande evento storico si è pensato di corrispondere con un altrettante importante evento musicale, e cioè l’esecuzione di uno dei capolavori sacri di Mozart: la famosissima e maestosa Messa in Do minore K 427 mai eseguita prima a Reggio Calabria.
Tale Grande Messa - per Soli, Doppio Coro ed Orchestra - fu composta (ma non completata) da Mozart per adempiere ad un voto fatto e nella storia della musica rappresenta uno dei maggiori lasciti della musica sacra del secondo ’700.
Il concerto ha avuto interpreti il Coro Polifonico “Madonna della Consolazione”, già vincitore di numerosi e prestigiosi concorsi in ambito nazionale, il Coro del Liceo Scientifico “L. Da Vinci” di Reggio Calabria, l’Orchestra Filarmonica del Teatro “F. Cilea”, il famoso soprano reggino Liliana Marzano, con la quale il Coro ha da tempo rapporti di collaborazione, il soprano Stefania Campicelli, il tenore Umberto Arena, il basso Alessio Gatto; il tutto sotto la direzione del M° Luigi Miriello, affermato giovane musicista reggino, vincitore di concorsi ed insignito con importanti riconoscimenti sia come direttore, sia come organista.
L’esecuzione di questa mirabile Messa ha avuto luogo il 5 giugno alle ore 20.00, presso la nostra Basilica "S. Maria Madre della Consolazione", gremita in ogni ordine di posti, anche in piedi.
Quasi un’ora e mezza di "estasi" nell’olimpo musicale, grazie a questi giovani artisti, magistralmente diretti da un prodigioso talento locale dell’arte musicale, qual’é appunto il maestro Luigi Miriello.
P. Giuseppe Sinopoli
Completeranno questo apprezzatissimo momento celebrativo un convegno e una mostra, con esposizioni di materiale artistico, documentale e fotografico inedito, che saranno realizzati nel corso dell’anno.
Qui di seguito, intanto, pubblichiamo l’intervento del padre Sinopoli, la nota sul concerto e la galleria fotografica.
La gioia di condivisione di alcuni momenti importanti della nostra storia
E’ sempre una gioia accogliervi nella Casa del Signore, dedicata alla Beata Vergine Maria Madre della Consolazione, Patrona e Protettrice della città di Reggio, nonché Patrona della Provincia dei Frati Minori Cappuccini di Calabria. Ma gioia ancor più grande è condividere con voi alcuni momenti importanti della nostra storia cappuccina, a cui seguirà un sontuoso concerto musicale, realizzato in collaborazione con l’Associazione Culturale - Coro Polifonico "Madonna della Consolazione".
Quest’anno ricorre il Centenario del ritorno dei Padri Cappuccini all’Eremo, dopo che erano stati cacciati in seguito alla Legge eversiva del 7 luglio 1866, con la quale lo Stato sopprimeva gli ordini religiosi e ne incamerava i beni. Legge iniqua e devastante per la portata storica anche nei confronti dei cappuccini che, in modo particolare, a Reggio si erano resi benemeriti soprattutto nelle vicende drammatiche, come la peste, le guerre, le carestie, le alluvioni, i terremoti, scrivendo pagine stupende di santità e di amore per la Città fedele al trinomio “Madonna- Cappuccini- Reggio, che fin dall’insediamento cinquecentesco della famiglia della riforma cappuccina si è andato via via affermando, sino a costituirsi in un’identità di appartenenza inscindibile.
E’ stata la Vergine Maria a sancire questo trinomio, allorquando, apparendo in visione nel 1576-77, prima, a fra Francesco Foti da Reggio Calabria, gli disse "essere la volontà del suo divin Figliuolo ch’egli insieme agli altri due religiosi, dimoranti nello stesso convento, fra Girolamo da San Giorgio e fra Girolamo da Montesoro, ambedue sacerdoti, corra tosto in città a prestare caritatevole assistenza agli infelici suoi concittadini, già colpiti dal male" della peste (F. Securi); e, poi, a fra Antonino Tripodi, anch’egli nativo di Reggio Calabria, rivelandogli di essere contenta di fare la grazia, e cioè di liberare la "povera città di Reggio dalla presente tribolazione della peste"; "e in segno - continuò la Vergine- voglio che tu dica al Vicario Generale dell’Arcivescovo che faccia fare solenne processione, che vengano a visitare questa mia chiesa e a ringraziarmi per beneficio già ricevuto ed impetrato dal mio dolcissimo Figliuolo" (Padre Campagna).
Questo trinomio è stato negli anni avvenire confermato dalla benevolenza della Vergine santa, con inequivocabile chiarezza, mostrandosi in visione ad altri "frati del popolo", tra i quali menzioniamo padre Bernardino Molizzi, fra Martino Garusi, fra Benedetto da Galato, il ven. padre Gesualdo Malacrinò.
Queste visioni testimoniano, ancora, la singolare predilezione della Madonna Consolatrice verso i frati cappuccini ed i reggini, da una parte, e il fortissimo amore dei frati cappuccini verso la Mamma celeste, dall’altra. Un amore che nei figli di san Francesco, sull’esempio di Maria, si è fatto dono di vita a Dio e al prossimo, vivificato quotidianamente dal docile ascolto e dall’annuncio della Parola di Dio, dalla preghiera incessante, dalla penitenza, dal servizio caritatevole ai poveri e agli orfani, dal conforto agli ammalati; e nei reggini con sempre più frequenti pellegrinaggi, di preghiera e di penitenza, e doni votivi per implorare grazie e favori o per ringraziarLa delle consolazioni ottenute. Chi può contare “le carezze spirituali e temporali” elargite, specie durante i tristi eventi storici, ai cappuccini ed ai reggini , che dal 1548 ad oggi, si sono inginocchiati davanti a questo “Quadro”, raffigurante la Vergine Maria con il bambin Gesù fra le braccia e con san Francesco d’Assisi e sant’Antonio di Padova? «Basti il dire – scrive il Securi – che nella peste, nella carestia, nel terremoto, nella guerra, e in tanti altri mali che afflissero acerbamente e per molte fiate la bella città di Reggio, la Vergine della Consolazione si mostrò sempre dei frati e del popolo Reggino con singolare affetto Madre, Protettrice ed Avvocata».
Un trinomio così forte e avvincente sembrava che non potesse essere mai scomposto. E invece la storia ci ha dimostrato che è stato possibile e nella maniera più esecrabile, specie con la summenzionata soppressione degli ordini religiosi a seguito della Legge eversiva del 7 luglio 1866. I frati cappuccini sono stati cacciati dal loro luogo eremitico non consentendo loro di portare con sé neppure un segno. Ma quello che più ha ferito i loro cuori è stato l’allontanamento dalla loro Madre.
La popolazione, i benefattori ed i figli spirituali si son sentiti trafiggere il cuore nel vedere, ancora una volta, i “loro frati” lasciare, in lacrime, il Santuario e l’annesso convento e, soprattutto, nel ritenersi orfani della loro presenza e del bene che essi operavano. Nessuna pietà da parte delle Autorità, eppure questo Santuario non era un santuario qualsiasi: era la dimora della Patrona e Protettrice della Città; e i cappuccini non si erano mai risparmiati nell’accorrere dove vi era bisogno, così come erano sempre pronti ad accogliere e a beneficiare chiunque si fosse presentato nella Casa di Dio o avesse bussato al convento per un pezzo di pane ed una minestra calda.
La forzata partenza dei frati, che ha significato anche l’allontanamento della loro "Porziuncola", ha fatto emergere da subito un profondo disagio nei poveri, negli orfani e nei deboli. La stessa Città, che doveva trarre vantaggi socio-strutturali dall’appropriazione della struttura conventuale con annessi beni e dall’acquisizione della gestione del Santuario, almeno come pensavano le Autorità, è andata lentamente ad "oscurarsi" e ogni giorno cresceva nella popolazione la nostalgia dei cappuccini all’Eremo, perché appariva ormai evidente che mancava una componente tanto importante quanto vitale nel rapporto esistenziale tra Reggio e la Madonna, e cioè i Cappuccini. Bisognava ricostituire il trinomio per dare nuovo impulso alla speranza promozionale e propulsiva nel cuore della Città.
Ma il ritorno dei cappuccini all’Eremo - nonostante sia stato caldeggiato da Vitrioli, sacerdote e presidente della Commissione Arcivescovile, dal comm. Andiloro Pro Sindaco della Città, e da mons. Emilio Cottafavi , Delegato Pontificio, e nonostante il desiderio del Papa, «che non avrebbe rifatto il Santuario qualora non fosse ritornato in mano dei cappuccini» - non è stato facile . Troppe sono state le difficoltà sollevate dalle Autorità, nonostante una richiesta ufficiale, umiliata personalmente, del Ministro Provinciale dei Cappuccini del tempo all’Arcivescovo Gennaro Portanova, il quale aveva già controfirmato, il 23 luglio 1896, la stipula di una convenzione con il Sindaco Domenico Tripepi, con la quale si era definito "il passaggio" del Santuario alla Curia e si erano precisati i ruoli e le competenze riguardo ad «altro suolo adiacente, bisognevole per l’erezione della nuova Chiesa donata dal Santo Padre» , alle offerte, ai servizi religiosi, alla pia pratica dei sabati , alla festa in onore della Madonna della Consolazione.
E’ stato mons. Rinaldo Camillo Rousset, nuovo Pastore dell’Arcidiocesi, succeduto al card. Portanova, a convocare il padre Tommaso da Montenero, Commissario Generale dei Cappuccini, chiedendogli di assumere nuovamente il servizio pastorale del Santuario, secondo gli obblighi contenuti nel contratto del 13 giugno 1910, il cui iter non è stato assolutamente agevole, anche perché i Cappuccini avrebbero desiderato che fossero loro riconosciuti i diritti goduti fino a circa mezzo secolo prima, sia riguardo al Santuario con relativi servizi religiosi e festa e sia riguardo all’area ove ricostruire il convento con annesso giardino.
Evidentemente la provvidenza ha voluto che niente di quanto era stato loro sottratto venisse restituito, mancando di rispetto anche nei confronti dei benefattori e dei devoti che, per devozione verso la Vergine della Consolazione e per ammirazione verso i "loro frati", ne avevano fatto dono.
La gioiosa Lettera pastorale del Commissario Generale dei Cappuccini
Ma da tanta immane sofferenza è sgorgata infinita gioia, allorquando il Commissario Generale dei Cappuccini, padre Tommaso da Montenero, ne annunciava al Ministro Generale dell’Ordine e alle Fraternità locali, il ritorno dei Cappuccini al loro luogo eremitico, dopo circa 45 anni, con una Lettera Pastorale del 24 aprile del 1911, scrivendo tra l’altro:
Allorché i nostri Padri, fondatori di questa gloriosa Provincia monastica, vivevano ritirati e in rigida povertà nell’eremo di Valletuccio, alla Sede metropolitana di Reggio veniva innalzato un illustre Prelato, ornato di cuore generoso e di ammirabile ingegno, ma quello che è più da apprezzarsi, di una pietà soda, di prudenza e di zelo illuminato per il bene della Chiesa. Questi fu Mons. Girolamo Centelles. A buon diritto celebro le sue lodi ed il suo zelo, poiché egli fu, che con la sua mente intuendo sin dal principio qual vantaggio poteva ritrarre per il bene dell’Archidiocesi dagli Ordini religiosi, non contento di aver chiamato i figli del Taumaturgo S. Francesco di Paola, volle invitare la nostra nascente Congregazione a trapiantarsi a Reggio. Con quanta letizia e docilità accolsero l’invito del Pastor Reggino i nostri umili Padri non è da dirsi, avendo una prova irrefragabile(?) nel fatto che, lasciato immediatamente l’eremo di Valletuccio, nel 1533 si trasferirono a Reggio, accettando per abitazione da un pio Benefattore un piccolo ospizio con una cappelletta dedicata alla Vergine della Consolazione. Ma la carità pietosa del zelante Presule non si arrestò, non potendo soffrire che i religiosi stessero tanto a disagio in sì ristretto abituro; e però indusse i cittadini alla costruzione di un modesto Convento e di una Chiesa più grande che divenne il Santuario della Madonna della Consolazione e la culla dell’Ordine nostro in questa regione Calabra.
Dopo il Centelles si successero tanti illustri Presuli nella Cattedra di Reggio, che si distinsero per la loro affezione, protezione e generosità verso di noi e che meriterebbero di essere additati alla vostra riconoscenza; ma sorvolando tutti, spingo rapidamente lo sguardo ed alla distanza di quasi 4 secoli mi trovo dinanzi ad un altro illustre Prelato, degno successore di Mons. Centelles e non men dotto e pio di lui. Voi già mi avete compreso che intendo parlare di Mons. Rinaldo Rousset, inclito ornamento dell’Ordine Carmelitano, del quale resse le sorti qual Generale, ed oggi decoro e vanto dell’Archidiocesi di Reggio. Per le sue eminenti virtù e dottrina meritossi la fiducia del S. Padre Pio X, che lo innalzava alla Sede Vescovile di Bagnorea e gli dava importanti e delicate commissioni, ed ancor io lo ricordo, quando venne in Foligno, dov’io dimorava, per un incarico delicatissimo.
Reggeva e governava ancora la sua diletta Diocesi di Bagnorea con ammirabile sapienza e prudenza, quando la Metropoli reggina, già vedovata del suo Pastore, fu colpita dal disastro del terremoto 1908, che seppellì sotto le macerie la maggior parte degli abitanti, rimanendo i superstiti derelitti, bisognosi e terrorizzati dallo spavento. Ci voleva dunque un Angelo consolatore, che lenisse i dolori, arrecasse conforto ed abbracciasse tutti con cuore generoso. Or quest’Angelo consolatore il S. Padre lo rinvenne in Mons. Rinaldo Rousset; e però lo invia qual metropolita in mezzo ai suoi figli di Reggio. E noi l’abbiamo visto col suo volto sereno, col suo cuore grande e paterno farsi tutto a tutti, accorrere sollecito a qualunque bisogno del suo mistico gregge, lieto d’incoraggiare, di confortate, di alleviare, di tergere le lagrime e di promuovere con zelo il bene tra i Reggini con opere ed istituzioni cattoliche; talché a buon diritto e con tutta verità può ripetere le parole dell’Apostolo: Os meum patet ad vos, o Rheginenses, cor nostrum dilatatum est, non angustia mini in nobis; tanquam filiis dico, dilatamini et vos (2 Cor. VI,II).
Or quest’Angelo consolatore, questo novello Mons. Centelles invita di nuovo i Cappuccini, gli umili fraticelli della Vergine della Consolazione a salire il sacro monte. E li invita non come il Centelles, che presagiva e prediceva il bene futuro che i religiosi avrebbero arrecato alla sua Chiesa Reggina; ma Egli nel suo spirito eminentemente religioso, dall’esperienza e dalla storia cittadina ammaestrato, ricorda e dimostra a tutti col fatto qual vantaggio arrecarono i Cappuccini alla città, qual servizio resero nelle pubbliche calamità e come per le loro preghiere dinanzi alla celeste Consolatrice la città fu liberata da diversi flagelli e specialmente dalla peste e dai terremoti. E chi sa che la Vergine non ci avesse liberati anche dall’ultimo disastro del 1908, se i religiosi non ne fossero stati scacciati per l’infausta e malaugurata legge di soppressione! Dubitando dico e non asserendo. Ma non rammentiamo epoche dolorose, e confidiamo anzi in un più lieto avvenire, che sta sorgendo per noi e per la Calabria e singolarmente per la città di Reggio, essendoci oggi concesso per mezzo di Mons. Rinaldo Rousset di ritornare ai piedi della celeste Regina della Consolazione, che non a caso ed invano è assisa in trono con in braccio il divino Infante ed ai lati il Serafino di Assisi ed il Taumaturgo di Padova, quasi volesse indicarci tra i più soavi affetti che c’ispira, che come si renderebbe inesplicabile la vita cittadina e religiosa di Reggio senza la sua Madonna della Consolazione, così lo sarebbe senza i religiosi Cappuccini al Santuario. Il Santuario della Consolazione, la città Reggina ed i Cappuccini formano un tutto storico e divinamente bello, che Iddio congiunse insieme, e che non può essere separato da nessuno, senza andare contro l’ordinamento divino.
Ecco perché il nostro ritorno colà sarà un avvenimento di conforto e di gaudio, non solo per noi, che tanto tempo sospirammo di volare al nostro antico nido e non potemmo, ma anche per la città, che ne risentirà i più benefici effetti. Il nostro voto pertanto è adempiuto e possiamo cantare l’inno di ringraziamento alla nostra celeste Regina e Madre. Ma dopo la Vergine dobbiamo professare e conservare imperitura memoria e viva e singolare gratitudine al subbenemerito Mons. Arcivescovo Rousset, e con lui a quella parte del Clero Reggino ed anche del ceto laicale, che contribuirono a sì felice successo, e specialmente all’illustre Gentiluomo, il signor Commendatore, D. Giuseppe Avv. Andiloro, Cameriere di Cappa e Spada di S.S., che tanto si adoperò per la completa rivendicazione del Santuario e fu quasi l’anima del movimento religioso verso il detto Santuario e verso noi Cappuccini. A nome pertanto della Provincia monastica e dei Superiori Generali dell’Ordine, tributo Loro un pubblico ed alto encomio e li ringrazio con tutta l’effusione del cuore».
Con lo spirito e lo zelo degli antichi padri, il 30 giugno 1911 sono saliti all’Eremo, infatti, padre Atanasio e fra Francesco per stabilirsi colà, in attesa degli altri, non appena vi sarebbe stata la disponibilità degli ambienti. Il 3 luglio si sono portati, invece, p. Rosario con don Vitrioli per individuare l’esatto spazio ove far sorgere la baracca-chiesa per collocarvi il Quadro essendo ormai imminente il rito dei sabati in preparazione della festa . La chiesa baraccata è stata approntata in quindici giorni circa e misurava di lunghezza metri 15 e cm 50 e di larghezza metri 5.
Col ritorno dei cappuccini, «risuonerà sul sacro colle – così il padre Giambattista Familiari - la salmodia notturna e diurna, e nel silenzio della notte echeggerà, nel vicino bosco e nel sottostante colle, il canto dei frati, e ricorderà ai passanti che ivi trovansi i figli della Vergine Immacolata, Consolatrice del popolo reggino, dì e notte, al di lei servizio consacrati».
Il saluto festante della popolazione
Il tripudio della popolazione per il ritorno dei cappuccini all’Eremo lo si coglie limpidamente in un articolo del concittadino Franco Cartello, pubblicato nell’ottobre 1911 su "Eco di nostra Signora della Consolazione", e così espresso:
Dopo quasi quarantacinque anni dacché gli umili fraticelli di Francesco d’Assisi lasciarono col pianto negli occhi e la tristezza nell’anima il colle sacro a Maria, vollero i disegni della Provvidenza che fossero novellamente restituiti nei loro successori là donde un giorno vennero scacciati.
E tornarono: e con essi non soltanto tornano a riallacciarsi antiche e care tradizioni, ma un’aura di fresca e soave poesia torna ad aleggiare tra’ cipressi
dell’ombrosa erma collina...
Salutiamoli!
Certo, la vecchia chiesa e l’antico cenobio, sotto le cui volte austere, nelle cui cellette bianche e disadorne, avevano echeggiato per tanti anni, nel mezzo delle notti silenziose, nelle albe vermiglie e ne’ quieti tramonti, le tante salmodie de’ frati, non sono più che un triste ammasso di rovine. Ma che importa? Ogni pietra di quelle stesse macerie, ogni zolla di quella terra, fatta sacra dalla fede di più che quattro secoli, conservano in sè il tesoro di tante memorie che nessuna forza umana potrebbe sminuire l’affetto vivo del nostro cuore per quei luoghi consacrati a Maria e per i suoi fraticelli.
Salutiamoli! ed evochiamo insieme con commosso orgoglio di cittadini i loro santi ed eroici predecessori: il P. Ludovico Comi, primo fondatore della monastica famiglia, i PP. Bernardino Molizzi, Matteo Sacco, Giovanni Candela e quell’Antonino Tripodi, ancora venerato dal popolo come operatore di prodigi; i quali, con tanti altri, cittadini e non cittadini, non soltanto pregarono ed insegnarono a pregare, non soltanto furono pietosi soccorritori nelle pestilenze e nelle carestie, ma nell’arida valle loro concessa per dimora, infeconda per scarsa vena di acqua, seppero dare col lavoro assiduo e paziente delle loro mani l’incanto di coltivati giardini e l’austera bellezza dei boschi; come ne’ giorni del periglio con lo stesso fervore seppero difendere l’indipendenza della patria ed il sacro retaggio della fede...
Oh, pie e forte gente! oh, le belle e gloriose pagine di storia tracciate dalla loro abnegazione e dal loro eroismo! Perchè a’ fanciulli del popolo, nelle pubbliche scuole, i fasti del vecchio cenobio, intorno a cui tanta e gloriosa parte della storia nostra si ricollega, non vengono narrati?
Non forse le giornate del settembre del 1595 valgono quelle, memorande per eroici ardimenti, di tempi a noi men lontani?
Un pugno di valorosi, tra cui le cronache ricordano i nobiluomini Alfonso Spanò, Francesco Monsolini e Ludovico Carbone, insieme con i più giovani frati, dalle mura del piccolo orto del convento, sulle quali, ad incorarli, sta diritto, alta la croce, esposto a’ colpi nemici, il P. Guardiano Gabriele da Castrisciano, sostiene per molte ore il fiero assalto de’ Musulmani, gl’incalza giù pel vallone e le vie della città, e li volge a disastrosa fuga. E quando, ne’ dì seguenti, invelenito per le patite sconfitte, come narra con colorita parola Tommaso Vitrioli, il primo storico del Santuario, Sinan Bassà Cicala, mette a terra il meglio delle sue soldatesche (ben cinquemila uomini!) sono delle vere battaglie che quei prodi, rafforzati da altri cittadini, gagliardamente sostengono...
Belle battaglie! combattute col nome di Maria e della Patria sulle labbra, accanto alla vecchia tavola del Caprioli, annerita e logora da’ secoli, ma in cui si appuntano e si appunteranno ancora gli occhi di tanti afflitti; verso cui "domani" anche tra le crollate mura della città saliranno fervide preci e canti di allegrezza.
Salutiamola: e il nostro Carroccio! E con essa, con l’immagine di Colei, in cui s’aduna
quantunque in creatura è di bontate
e che in nostra loquela noi chiamammo col dolce nome di Madonna della Consolazione, salutiamo i suoi umili fraticelli, restituiti a’ luoghi ed al posto loro assegnati della Provvidenza, in un’ora solenne per la patria nostra, quasichè i loro destini dovessero ancora una volta essere collegati a quelli della nostra città.
Salutiamoli! Tornano con essi a riallacciarsi antiche e care tradizioni ed un’aura di fresca e soave poesia ad aleggiare tra’ cipressi
dell’ombrosa erma collina!
Continuando il nostro pellegrinaggio
Il Centenario del ritorno dei padri Cappuccini alla loro "Porziuncola" merita di essere celebrato, dopo il riuscitissimo concerto diretto dal maestro Luigi Miriello, con un bel pellegrinaggio storico-devozionale e con una, sia pur essenziale, rivisitazione della presenza cappuccina accanto alla Madre della Consolazione e, ovviamente, del loro forzato allontanamento dal luogo eremitico mediante provvedimenti istituzionali mirati, allo scopo di usurparne i beni, di cui la stragrande parte è stata preda dei potenti e dei benestanti e, purtroppo, anche di custodi-approfittatori tentando di trarre qualche utile per alleviare la loro indigenza.
La triste conseguenza è che sia andato dilapidato un patrimonio storico-documentale-artistico-religioso di valore inestimabile, la cui esistenza avrebbe sicuramente dato lustro e onore non solo ai Cappuccini e al loro Ordine, ma anche a Reggio Calabria, alla Calabria, all’Italia e, perché no, al mondo intero.
Il concerto
Non si poteva dar inizio ad una degna commemorazione del Centenario del ritorno dei padri Cappuccini all’Eremo se non con un solenne concerto vocale e strumentale.
Proposta al maestro Luigi Miriello, l’idea è stata entusiasticamente fatta propria dalla ormai nota Associazione Culturale-Coro Polifonico "Madonna della Consolazione", di cui presidente è la signora Ielo Patrizia.
Tale Associazione è "attiva - come informa la Presidente Ielo - da oltre un decennio sul territorio in ambito musicale con musicale con l’intento di valorizzare, incrementare e diffondere la musica classica, con particolare attenzione nei confronti di quella corale".
Per questo grande evento storico si è pensato di corrispondere con un altrettante importante evento musicale, e cioè l’esecuzione di uno dei capolavori sacri di Mozart: la famosissima e maestosa Messa in Do minore K 427 mai eseguita prima a Reggio Calabria.
Tale Grande Messa - per Soli, Doppio Coro ed Orchestra - fu composta (ma non completata) da Mozart per adempiere ad un voto fatto e nella storia della musica rappresenta uno dei maggiori lasciti della musica sacra del secondo ’700.
Il concerto ha avuto interpreti il Coro Polifonico “Madonna della Consolazione”, già vincitore di numerosi e prestigiosi concorsi in ambito nazionale, il Coro del Liceo Scientifico “L. Da Vinci” di Reggio Calabria, l’Orchestra Filarmonica del Teatro “F. Cilea”, il famoso soprano reggino Liliana Marzano, con la quale il Coro ha da tempo rapporti di collaborazione, il soprano Stefania Campicelli, il tenore Umberto Arena, il basso Alessio Gatto; il tutto sotto la direzione del M° Luigi Miriello, affermato giovane musicista reggino, vincitore di concorsi ed insignito con importanti riconoscimenti sia come direttore, sia come organista.
L’esecuzione di questa mirabile Messa ha avuto luogo il 5 giugno alle ore 20.00, presso la nostra Basilica "S. Maria Madre della Consolazione", gremita in ogni ordine di posti, anche in piedi.
Quasi un’ora e mezza di "estasi" nell’olimpo musicale, grazie a questi giovani artisti, magistralmente diretti da un prodigioso talento locale dell’arte musicale, qual’é appunto il maestro Luigi Miriello.
P. Giuseppe Sinopoli
"Tutto l’essere ed operare delle creature ha da andare a Dio: cioè tutto farsi a sua gloria".
"Un albero si secca, se si fa spesso mutar di luogo".
"Una ferita nel corpo ti fa gemere, tante ferite mortali nell’anima non ti pesano. Prega, prega Dio che te le faccia sentire, e se ottieni la grazia, cercherai il medico che ti guarisca, né ti quieterai finché non abbi ricuperato la vita, e la salute".
"Tre generi di vita si possono menare da viventi: viver da bruto, viver da uomo, viver da cristiano.
Il bruto è regolato dai soli sensi, l’uomo dalla ragione, il cristiano dalla fede".
"Temete la calca enorme dei vostri peccati? Maria è impegnata ad impetrarvi l’indulto, e la remissione".
"Si guardi di non giudicar male alcuno, né condannarlo, ma più tosto giudichi e condanni se stesso".
"Un albero si secca, se si fa spesso mutar di luogo".
"Una ferita nel corpo ti fa gemere, tante ferite mortali nell’anima non ti pesano. Prega, prega Dio che te le faccia sentire, e se ottieni la grazia, cercherai il medico che ti guarisca, né ti quieterai finché non abbi ricuperato la vita, e la salute".
"Tre generi di vita si possono menare da viventi: viver da bruto, viver da uomo, viver da cristiano.
Il bruto è regolato dai soli sensi, l’uomo dalla ragione, il cristiano dalla fede".
"Temete la calca enorme dei vostri peccati? Maria è impegnata ad impetrarvi l’indulto, e la remissione".
"Si guardi di non giudicar male alcuno, né condannarlo, ma più tosto giudichi e condanni se stesso".