5° Sabato (27 agosto 2011)
Maria Vergine
Salute degli infermi

(a cura di padre Giuseppe Sinopoli)

I Reggini hanno avuto la gioia di sperimentare innumerevoli volte il dono della guarigione spirituale e corporale, dopo aver pregato incessantemente e con viva fede la Vergine Consolatrice con l’invocazione "Salute dei malati".

L’incoraggiamento ad abbandonarsi, con forte anelito di cuore, al carisma taumaturgico della Vergine Maria della Consolazione, i reggini l’hanno ereditato e sperimentato, negli eventi devastanti pubblici e nelle afflizioni individuali, dai frati cappuccini dell’Eremo, con i quali si univano quasi sempre, come un cuor solo ed un’anima sola, nel farsi preghiera vivente di lode, domanda e ringraziamento.

Tale merito viene evidenziato dall’avv. Tommaso Vitriolo in "Cenni storici sulla Sacra Effigie di nostra Donna della Consolazione", allorquando i cappuccini, in occasione della peste che ha colpito anche la città dello stretto negli anni 1576-77, hanno innalzato alla Mamma celeste insistenti e accorate preghiere, unite a forme di zelante penitenza corporale, perché si degnasse di liberare la loro "Patria" dalla peste. Ed Ella, mostrandosi in visione prima a fra Giacomo Foti e poi a fra Antonino Tripodi, ambedue reggini, ha dichiarato di aver accolto il pianto e le suppliche, comandando al primo di recarsi subito, con altri due confratelli, a servire gli appestati nel vicino Lazzaretto; e al secondo di andare a dire "ai reggini, che vengano qui a render grazie all’Altissimo dello impartito favore" (Tommaso Vitriolo).

Ma la Vergine Consolatrice, venerata e invocata con preghiere, lacrime, processioni penitenziali come "Salus infirmorum", ha rinnovato la sua premurosa intercessione presso il figlio Gesù per sollevare dal morbo pestifero la città di Reggio negli anni 1656 e 1743 e dall’epidemia del colera negli anni 1854 e 1867.

Impossibile, poi, elencare le consolazioni di guarigione o di sollievo elargite dalla Vergine Maria, da questo Eremo che si è scelto a sua dimora, a coloro che, con trasporto filiale, hanno fatto ricorso a lei. Grazie e miracoli che hanno segnato e continuano a segnare la storia esistenziale di un numero inimmaginabile di persone.

D’altra parte, era ed è impossibile far a meno di questa sorgente di misericordia nelle calamità pubbliche e più ancora in quelle personali, e specificatamente nelle difficoltà, nei pericoli, nell’assillo delle paure e delle precarietà, sperando in un subitaneo ed efficace rimedio a beneficio dell’anima e del corpo.

I cappuccini, fin dal loro insediamento all’Eremo (1533), hanno implorato la Vergine Maria perché mostrasse il suo materno amore alla Città e alle singole persone, che quotidianamente si raccomandavano alle loro preghiere, specie nei momenti di particolare bisogno umano e spirituale.Infatti, in una delle preghiere rivolte alla Madonna tramandataci dal ven. padre Gesualdo Malacrinò da Reggio Calabria leggiamo: "Continuate, o gran Vergine delle Consolazioni ad estendere il Vostro braccio miracoloso su questa Vostra divota Città di Reggio, esaudite le mie preghiere, come esaudiste quelle del mio confratello Antonio Tripodi; sì difendetela da tutt’i mali, sollevate, o Vergine pietosa, sollevate, gl’infermi, consolate gli afflitti, soccorrete gli agonizzanti, ed a vera conversione chiamate i peccatori, sì Vergine pietosa non permettete che parta alcuno dalla Vostra Immagine o da questo santo luogo, senza dolore, e remissione delle sue colpe, e fate che tutti ricevono la sospirata consolazione".

Tale invocazione orazionale pone in risalto la fede nel "potere taumaturgico di Maria Vergine, in quanto ella è Corredentrice del genere umano; e la grazia della Redenzione si estende su tutte le fragilità della condizione umana, conseguenze del peccato.

“La «salvezza di Dio» - come leggiamo nelle Messe della Beata Vergine Maria -riguarda tutto l’uomo, il suo corpo, la sua anima, il suo spirito, sia quando è pellegrino sulla terra, sia, soprattutto, quando diventa cittadino del cielo.

In forza della salvezza ottenutaci da Cristo nello Spirito Santo, la condizione dell’uomo viene completamente cambiata: l’oppressione diventa libertà, l’ignoranza conoscenza del vero, l’infermità salute, l’afflizione gioia, la morte vita, e la schiavitù del peccato si muta in partecipazione alla natura divina. Tuttavia quaggiù l’uomo non può godere pienamente della salvezza: la sua vita infatti conosce ancora il dolore, la malattia, la morte.

«Salvezza di Dio» è lo stesso Cristo, che il Padre mandò nel mondo come Salvatore dell’uomo e medico dei corpi e delle anime, come lo invoca la liturgia rifacendosi in qualche modo alle parole di sant’Ignazio di Antiochia (cfr Agli Efesini, VII, 2: Sources Chrétiennes 10, p. 74). Cristo, nei giorni della sua vita terrena, nella sua grande misericordia, guarì molti malati, liberandoli spesso anche dalla ferita del peccato (cfr Mt 9, 2-8; Gv 5,1-14).

La beata Vergine, quale madre del Cristo Salvatore dell’uomo, e madre dei credenti, è premurosa e tenera nel soccorrere i suoi figli che si trovano nel dolore. Per questo sono moltissimi gli ammalati che ricorrono a lei - spesso recandosi anche nei santuari a lei dedicati - per riavere, per sua intercessione, la salute. Presso i santuari mariani si trovano tante testimonianze della immensa fiducia che i sofferenti ripongono nella Madre del Cristo.

Tra gli appellativi con cui i fedeli travagliati da qualche male venerano la beata Vergine Maria, spicca quello di «salute degli infermi», diffuso particolarmente dai Religiosi della Congregazione dei Ministri Regolari degli Infermi; nella loro chiesa romana, dedicata a santa Maria Maddalena, si venera un’immagine della «Salus infirmorum».

Nella liturgia della parola si legge il Cantico di Isaia sul «Servo di Jahvé»(Prima Lettura: Is 53,1-5. 7-10) che «si e caricato delle nostre sofferenze, si e addossato i nostri dolori» (v. 4) e che «per le sue piaghe noi siamo stati guariti» (v. 5).

La comunità dei fedeli risponde benedicendo Dio che «guarisce tutte le malattie» (Salmo responsoriale, 102 [103], 3b). Nel Vangelo si proclama la pericope lucana della visitazione di Maria ad Elisabetta, perché i fedeli contemplando la beata Vergine del Magnificat, che piena di fede si affretta a visitare la madre del Precursore, siano stimolati a imitarla nella sollecitudine verso i fratelli e le sorelle infermi.

Nella liturgia eucaristica si glorifica il Padre che ai fedeli che soffrono ha dato come patrona e modello la beata Vergine: - patrona, perché «a tutti i sofferenti che guardano a lei»,«risplende come segno di salvezza e di speranza» (Prefazio); - modello, perché la beata Vergine Maria a chi la contempla «offre il modello di una perfetta adesione al volere (di Dio) e di conformità al Cristo»(Prefazio).

Ricorrere alla intercessione della beata Vergine «salute degli infermi» per riavere la salute, e fare memoria anche di un momento peculiare della storia della salvezza, che avrà il suo pieno compimento allorché, al ritorno glorioso di Cristo, sarà «annientato l’ultimo nemico, la morte» (1 Cor 15, 26), e i corpi dei giusti risorgeranno incorruttibili”.

Vergine Maria Consolatrice, Salute degli infermi, prega per noi!
"Tutto l’essere ed operare delle creature ha da andare a Dio: cioè tutto farsi a sua gloria".

"Un albero si secca, se si fa spesso mutar di luogo".

"Una ferita nel corpo ti fa gemere, tante ferite mortali nell’anima non ti pesano. Prega, prega Dio che te le faccia sentire, e se ottieni la grazia, cercherai il medico che ti guarisca, né ti quieterai finché non abbi ricuperato la vita, e la salute".

"Tre generi di vita si possono menare da viventi: viver da bruto, viver da uomo, viver da cristiano.
Il bruto è regolato dai soli sensi, l’uomo dalla ragione, il cristiano dalla fede".

"Temete la calca enorme dei vostri peccati? Maria è impegnata ad impetrarvi l’indulto, e la remissione".

"Si guardi di non giudicar male alcuno, né condannarlo, ma più tosto giudichi e condanni se stesso".