Offerta del cero votivo dei Portatori della Vara (09/09/2011)

"Il nostro grido d’amore"
(a cura di padre Giuseppe Sinopoli)

Due sono i segni che, normalmente, si offrono al Signore, alla Vergine Maria, ai Santi ed anche ai defunti: i fiori e i ceri o l’olio da porre nelle apposite lampade o nei bicchieri di vetro rosso decorato, come quelli che ancora oggi si usano per indicare la presenza di Gesù Eucarestia nel tabernacolo ecclesiale.

I poveri più poveri, che non disponevano di risorse economiche, ricorrevano ai fiori di campagna per onorare un voto, per esprimere la propria gratitudine per una grazia ricevuta o per implorarne una.

Le persone meno indigenti, invece, offrivano un fascio di fiori e/o un candela. Le persone facoltose ostentavano la loro devozione con un fascio di fiori ed un grosso cero, portati dai propri garzoni, che le precedevano. Giunti in chiesa i garzoni li davano, secondo l’usanza, ai loro padroni, i quali deponevano i fiori ai piedi della sacra Immagine o Statua e il cero nel candelabro. Poi facevano la loro offerta, non raramente accompagnata da un monile, più o meno prezioso.

Una volta questa pia pratica individuale era molto diffusa. Oggi non tanto, optando per un’offerta in danaro, a seconda delle proprie possibilità.

Vi era poi il voto pubblico del cero, formulato con apposita Delibera o Atto notarile dalle Autorità locali per i benefici ricevuti per intercessione della propria Patrona o del proprio Patrono.

Il popolo di Reggio a riguardo vanta una storia plurisecolare. Non disponiamo, al momento, di documenti contemporanei relativi all’offerta del primo cero votivo, che ci avrebbero consentito di conoscere in quale forma, se privata o pubblica, sia stato formulato. Atti notarili e processi verbali postumi ci tramandano la data, salvo i comprensibili refusi ortografici degli amanuensi, dell’offerta del primo cero, che risulterebbe essere del 1571, preceduta dalla motivazione, che, all’epoca, era la liberazione della Città dal morbo della peste.

Il cero, infatti, veniva offerto nella chiesa dell’Eremo dal Sindaco al padre Guardiano dei Cappuccini ed esposto nella stessa chiesa. Detto voto si è puntualmente rinnovato, perpetuandone la memoria con apposito atto notarile e con processo verbale, ogni qualvolta un fenomeno triste minacciava o colpiva la Città come quello della peste, delle invasioni turche, dei terremoti, della guerra, della carestia, del colera, della lebbra, delle alluvioni, ecc.
Quest’offerta pubblica del cero votivo, tuttavia, si è rinnovata, in segno di perenne gratitudine alla Patrona e Protettrice della Città, anche in tempi di pace e di serenità. Di sicuro vi sono stati anni in cui questa solenne promessa non è stata mantenuta, specie durante il periodo in cui i cappuccini sono stati ingiustamente costretti a lasciare il loro luogo eremitico e soprattutto la loro Mamma celeste, come nel post terremoto del 1783 e, soprattutto, a seguito della sciagurata legge del 7 luglio 1866, confiscando i loro beni. Si è dovuto attendere il 1911 per consentire ai frati cappuccini di rientrare nella loro chiesa, che, intanto, era passata alla Curia Vescovile mediante convenzione del 1896, firmata dall’Arcivescovo Gennaro Portanova e dal Sindaco Domenico Tripepi. In detta convenzione sono state concordate nuove norme riguardo alla festa religiosa e civile e alla gestione della stessa chiesa. Al loro rientro, ai frati non è restato che ricomprare un pezzo del terreno, che, da tempi immemorabili, era stato donato loro dai benefattori, per ricostruire il convento e usufruire di un po’ di orto, dove coltivare anche i fiori da offrire alla Madonna.

Il ritorno all’offerta annuale del cero votivo è andato via via normalizzandosi, ma non in linea con la secolare tradizione. Rimane, comunque, un atto solenne e assai significativo, che viene concretizzato all’inizio della Messa Pontificale del martedì successivo alla discesa del venerato Quadro in Città. Di recente il sindaco Giuseppe Scopelliti, sulla scia dei suoi predecessori, ha voluto rinnovare, su proposta dell’Associazione dei Portatori della Vara e con atto pubblico, questo nobile rito, sottoscrivendolo, assieme all’Arcivescovo Metropolita, Mons. Vittorio Luigi Mondello, nel Palazzo Vescovile, proprio il giorno della solennità di S. Maria Madre della Consolazione – 16 settembre 2008 -, prima del solenne Pontificale, durante il quale il Primo cittadino, ha offerto, a nome dell’intera cittadinanza, il cero alla Vergine della Consolazione ed ha pronunciato il discorso di circostanza.

L’offerta del cero da parte dell’Associazione dei Portatori della Vara, stabilita con relativo verbale nel 2006, rientra nei canoni di un atto d’amore privato e di un rinnovato impegno ad essere degni del singolare privilegio che le è stato concesso, la cui formula, quest’anno, è stato così espressa dal Presidente Gaetano Surace:

"O Vergine Maria, Madre della Consolazione, con l’offerta del cero nella tua dimora, per mano del nostro fratello Giovanni, il più anziano dei portatori, vogliamo rinnovare la promessa, che abbiamo solennemente fatta scegliendo di stare sotto la Vara, di amarti e onoranti con tutta l’effusione del nostro cuore.

Tu che sei la nostra vita e la nostra Consolatrice, ti preghiamo di voler intercedere dal tuo figlio Gesù la gloria degli angeli e dei santi per i nostri fratelli portatori defunti, di cui serbiamo affettuoso e grato ricordo. E, insieme a loro, risuoni forte e fervente il nostro grido d’amore".


 

"Tutto l’essere ed operare delle creature ha da andare a Dio: cioè tutto farsi a sua gloria".

"Un albero si secca, se si fa spesso mutar di luogo".

"Una ferita nel corpo ti fa gemere, tante ferite mortali nell’anima non ti pesano. Prega, prega Dio che te le faccia sentire, e se ottieni la grazia, cercherai il medico che ti guarisca, né ti quieterai finché non abbi ricuperato la vita, e la salute".

"Tre generi di vita si possono menare da viventi: viver da bruto, viver da uomo, viver da cristiano.
Il bruto è regolato dai soli sensi, l’uomo dalla ragione, il cristiano dalla fede".

"Temete la calca enorme dei vostri peccati? Maria è impegnata ad impetrarvi l’indulto, e la remissione".

"Si guardi di non giudicar male alcuno, né condannarlo, ma più tosto giudichi e condanni se stesso".