Lo stipendio di Gesù (26 maggio 2015): Meditazione di Papa Francesco
 

 

                                        

                      

Cappella "Casa di S. Marta"

(da: L’Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLV, n.118, 27/05/2015)

Lo «stipendio» del cristiano è «somigliare a Gesù»: non c’è una ricompensa in denaro o in potere per chi segue davvero il Signore, perché la strada è solo quella del servizio e nella gratuità. Cercando invece un «buon affare» mondano, con «la ricchezza, la vanità e l’orgoglio», ci si «monta la testa» e si dà anche una «contro-testimonianza» nella Chiesa. È da questa tentazione che ha messo in guardia Papa Francesco durante la messa celebrata martedì 26 maggio, nella cappella della Casa Santa Marta.

È stato il «dialogo tra Pietro e Gesù» a suggerire la meditazione del Pontefice, partita proprio dal passo evangelico di Marco (10, 28-31) proposto dalla liturgia del giorno. Un dialogo, ha spiegato, che avviene proprio dopo l’incontro con «quel giovane che voleva seguire Gesù: era buono, Gesù lo amò», come racconta il Vangelo. Però il Signore «gli ha detto che una cosa gli mancava: che vendesse tutto quello che aveva» per darlo «ai poveri: “avrai un tesoro nel cielo”». Ma «a queste parole — ha affermato il Papa — quel giovane si fece scuro in volto e se ne andò rattristato».

Così «Gesù riprese il discorso e disse ai discepoli: “Quanto è difficile per quelli che possiedono ricchezze entrare nel regno di Dio”». E «i discepoli erano sconcertati dalle sue parole». Ma «Gesù riprese e disse loro: “Figli, quanto è difficile entrare nel regno di Dio. È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel regno di Dio”».

Ed eccoci al passo evangelico della liturgia, con Pietro che assicura a Gesù: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito». Come a dire: «E a noi, che? Quale sarà il nostro stipendio? Abbiamo lasciato tutto». In poche parole, «i ricchi che non hanno lasciato niente — quel ragazzo che non voleva lasciare le sue ricchezze — non entreranno nel regno di Dio, ma noi? Quale sarà il nostro guadagno?».

La questione, ha fatto notare Francesco, è che «i discepoli capivano Gesù a metà, perché la conoscenza di Gesù, pienamente, avvenne quando lo Spirito Santo è venuto». E infatti Gesù risponde loro: «Sì, vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa, fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte, insieme a persecuzioni». In pratica «Gesù risponde indicando un’altra direzione» e non promette «le stesse ricchezze che aveva quel ragazzo». Proprio «questo avere tanti fratelli, sorelle, madri, padri, beni è l’eredità del regno, ma con la persecuzione, con la croce. E questo cambia».

Ecco perché, ha spiegato il Papa, «quando un cristiano è attaccato ai beni, fa la brutta figura di un cristiano che vuole avere due cose: il cielo e la terra». E «la pietra di paragone è proprio quel che dice Gesù: la croce, le persecuzioni, vuol dire negare se stesso, subire ogni giorno la croce».

Da parte loro, «i discepoli avevano questa tentazione: seguire Gesù, ma poi quale sarà la fine di questo buon affare?». E, ha aggiunto Francesco, «pensiamo alla mamma di Giacomo e Giovanni quando chiese a Gesù un posto per i suoi figli: “Ah, questo me lo fai primo ministro, questo ministro dell’economia”». Era «l’interesse mondano nel seguire Gesù»: ma poi «il cuore di questi discepoli è stato purificato, purificato, purificato fino alla Pentecoste, quando hanno capito tutto».

«La gratuità nel seguire Gesù è la risposta alla gratuità dell’amore e della salvezza che ci dà Gesù» ha incalzato il Pontefice. «Quando si vuole andare sia con Gesù sia con il mondo, sia con la povertà sia con la ricchezza», ne viene fuori «un cristianesimo a metà, che vuole un guadagno materiale: è lo spirito della mondanità». E «quel cristiano, diceva il profeta Elia, “zoppica su due gambe”» perché «non sa cosa vuole».

Così, ha suggerito Francesco, «la chiave per capire questo discorso di Gesù — ma sì, cento volte in più, ma con la croce — è l’ultima parola: “Molti dei primi saranno gli ultimi e gli ultimi saranno i primi”». E «cioè quello che dice del servizio: “Quello che si crede o che è il più grande tra voi, si faccia il servitore: il più piccolo». Non a caso, ha ricordato il Papa, dicendo queste parole Gesù «prese quel bambino e lo fece vedere».

«Seguire Gesù dal punto di vista umano non è un buon affare: è servire» ha insistito il Pontefice. Del resto è esattamente quello che «ha fatto lui: e se il Signore ti dà la possibilità di essere il primo, tu devi comportarti come l’ultimo, cioè nel servizio. E se il Signore ti dà la possibilità di avere beni, tu devi comportarti nel servizio, cioè per gli altri».

«Sono tre cose, tre scalini che ci allontanano da Gesù: le ricchezze, la vanità e l’orgoglio» ha affermato il Papa. «Per questo — ha spiegato — le ricchezze sono tanto pericolose: ti portano subito alla vanità e ti credi importante»; ma «quando ti credi importante, ti monti la testa e ti perdi». Ecco perché Gesù ci ricorda la strada: «Molti dei primi saranno ultimi, gli ultimi saranno i primi, e chi è primo fra di voi si faccia il servo di tutti». È «una strada di spogliamento», la stessa strada che «ha fatto lui».

A «Gesù questo lavoro di catechesi ai discepoli costò tanto, tanto tempo perché non capivano bene». Così oggi, ha raccomandato il Francesco, «anche noi dobbiamo chiedere a lui: c’insegni questo cammino, questa scienza del servizio, questa scienza dell’umiltà, questa scienza di essere gli ultimi per servire i fratelli e le sorelle della Chiesa».

Per il Pontefice «è brutto vedere un cristiano — sia laico, consacrato, sacerdote, vescovo — che vuole le due cose: seguire Gesù e i beni, seguire Gesù e la mondanità». È «una contro-testimonianza e allontana la gente da Gesù». Prima di proseguire con la celebrazione dell’Eucaristia, il Papa ha invitato perciò a pensare di nuovo alla domanda di Pietro: «Abbiamo lasciato tutto: come ci pagherai?». E a tenere bene in mente la risposta di Gesù, perché «il prezzo che lui ci darà è la somiglianza a lui: questo sarà lo “stipendio”». E «somigliare a Gesù», ha concluso, è un «grande stipendio».

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