Venerdì santo: Nel silenzio della croce, che è segno di vittoria sul male e sulla morte (2014)


Il venerdì santo non si celebra la santa Eucaristia. In questo giorno si fa memoria “di Cristo che scende – come scrive Marino Gobbin -  in fondo al mistero del male per conoscere: il peccato degli uomini; la sofferenza umana in tutti i suoi aspetti, compresa la tortura fisica; il tradimento e la fuga dei suoi, il rifiuto di tutti; l’abbandono del Padre; l’angoscia, la morte”.

Il rumore delle parole viene, per una volta, coperto dal silenzio che ci fa prostrare a terra, imitando il Signore Gesù accasciato sulla pietra nell’orto del Getsemani, mentre prega e suda sangue.

E’ così che abbiamo iniziato la sacra celebrazione della Passione di Gesù.

Nell’assoluto silenzio.

Senza suoni, né canti, né addobbi.

Solo il silenzio.

Quello che ti contestualizza nel mistero che sostanzia il tempo e il luogo e che ti rapisce, enucleandoti da tutto e da tutti.

E ti senti avvolgere dalla tenerezza di chi vuole il tuo cuore per riempirlo del suo amore.

D’altra parte, com’era possibile entrare nel memoriale contemplativo del Crocifisso con l’ascolto, la meditazione, la preghiera, l’adorazione e il cibarsi del suo corpo e del suo sangue?

Cuore di questo giorno è dunque la Croce, “segno” di vittoria sul male e sulla morte e “luogo” di amore senza confini e che non finisce mai di stupire, tanto è accogliente, dolce e misericordioso.

Un amore che è vita piena, gioia in abbondanza, carità operosa, speranza profetica, “che né il tempo, né la superficialità e l’indifferenza degli uomini possono in qualche modo vanificare o cancellare” (Mons. Franco Agostinelli).

Accogliere la croce e morire su di essa non significa altro che accogliere la grazia del sacrificio, del morire a se stessi per rinascere alla bellezza dell’immagine e somiglianza divina, della nuova vita, del vero amore.

Ciò è possibile solo se ripercorreremo le stesse orme di Gesù, ad incominciare dall’orto degli ulivi, inizio della passione.

Immedesimarci nella carne e nel sangue sofferenti di Gesù significa far proprie le parole e i gesti di Gesù, condividere i sentimenti, la paura, il tradimento, la solitudine, l’abbandono, l’affidamento, il fallimento; ma anche l’offerta, il perdono, la preghiera, l’accoglienza, l’aiuto, la croce, “come via per arrivare a Gesù e con lui arrivare al giorno della risurrezione, quando la morte, il dolore, il pianto saranno definitivamente sconfitti” (Mons. Franco Agostinelli).

Significa anche incontrare Maria, dono di Gesù a noi come Madre e a lei come figli.

Con lei riusciremo a comprendere meglio il mistero della Croce che, prostrati in preghiera adorante, ci fa rinascere nello splendore della risurrezione e della pienezza di grazia e verità, e che ci fa “luce del mondo e sale della terra” (Mt 5,13-14).




"Tutto l’essere ed operare delle creature ha da andare a Dio: cioè tutto farsi a sua gloria".

"Un albero si secca, se si fa spesso mutar di luogo".

"Una ferita nel corpo ti fa gemere, tante ferite mortali nell’anima non ti pesano. Prega, prega Dio che te le faccia sentire, e se ottieni la grazia, cercherai il medico che ti guarisca, né ti quieterai finché non abbi ricuperato la vita, e la salute".

"Tre generi di vita si possono menare da viventi: viver da bruto, viver da uomo, viver da cristiano.
Il bruto è regolato dai soli sensi, l’uomo dalla ragione, il cristiano dalla fede".

"Temete la calca enorme dei vostri peccati? Maria è impegnata ad impetrarvi l’indulto, e la remissione".

"Si guardi di non giudicar male alcuno, né condannarlo, ma più tosto giudichi e condanni se stesso".