Il Vangelo di questa domenica (cfr Lc 17,11-19) ci invita a riconoscere con stupore e gratitudine i doni di Dio. Sulla strada che lo conduce alla morte e alla risurrezione, Gesù incontra dieci lebbrosi, che gli vanno incontro, si fermano a distanza e gridano la propria sventura a quell’uomo in cui la loro fede ha intuito un possibile salvatore: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!» (v. 13). Sono malati, e cercano qualcuno che li guarisca. Gesù, rispondendo, dice loro di andare a presentarsi ai sacerdoti, che, secondo la Legge, avevano l’incarico di constatare una eventuale guarigione. In questo modo egli non si limita a fare una promessa, ma mette alla prova la loro fede. In quel momento, infatti, i dieci non sono ancora guariti. Riacquistano la salute mentre sono in cammino, dopo aver obbedito alla parola di Gesù. Allora, tutti pieni di gioia, si presentano ai sacerdoti, e poi se ne andranno per la loro strada, dimenticando però il Donatore, cioè il Padre che li ha guariti mediante Gesù, il suo Figlio fatto uomo.
Uno soltanto fa eccezione: un samaritano, uno straniero che vive ai margini del popolo eletto, quasi un pagano! Quest’uomo non si accontenta di aver ottenuto la guarigione attraverso la propria fede, ma fa sì che tale guarigione raggiunga la sua pienezza tornando indietro ad esprimere la propria gratitudine per il dono ricevuto, riconoscendo in Gesù il vero Sacerdote che, dopo averlo rialzato e salvato, può metterlo in cammino e accoglierlo tra i suoi discepoli.
Saper ringraziare, saper lodare per quanto il Signore fa per noi, quanto è importante! E allora possiamo domandarci: siamo capaci di dire grazie? Quante volte ci diciamo grazie in famiglia, in comunità, nella Chiesa? Quante volte diciamo grazie a chi ci aiuta, a chi ci è vicino, a chi ci accompagna nella vita? Spesso diamo tutto per scontato! E questo avviene anche con Dio. È facile andare dal Signore a chiedere qualcosa, ma tornare a ringraziarlo… Per questo, Gesù sottolinea con forza la mancanza dei nove lebbrosi ingrati: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?» (Lc 17,17-18).
In questa giornata giubilare ci viene proposto un modello, anzi, il modello a cui guardare: Maria, la nostra Madre. Lei, dopo aver ricevuto l’annuncio dell’Angelo, lasciò sgorgare dal suo cuore un cantico di lode e di ringraziamento a Dio: «L’anima mia magnifica il Signore…». Chiediamo alla Madonna di aiutarci a comprendere che tutto è dono di Dio, e a saper ringraziare: allora, vi assicuro, la nostra gioia sarà piena. Solo colui che sa ringraziare, sperimenta la pienezza della gioia.
Per saper ringraziare, occorre anche l’umiltà. Nella prima Lettura abbiamo ascoltato la vicenda singolare di Naaman, comandante dell’esercito del re di Aram (cfr 2 Re 5,14-17). Ammalato di lebbra, per guarire accetta il suggerimento di una povera schiava e si affida alle cure del profeta Eliseo, che per lui è un nemico. Naaman è disposto però ad umiliarsi. Ed Eliseo non pretende niente da lui, gli ordina solo di immergersi nell’acqua del fiume Giordano. Tale richiesta lascia Naaman perplesso, addirittura contrariato: ma può essere veramente un Dio quello che chiede cose così banali? Vorrebbe tornarsene indietro, ma poi accetta di immergersi nel Giordano e subito guarisce.
Il cuore di Maria, più di ogni altro, è un cuore umile e capace di accogliere i doni di Dio. E Dio, per farsi uomo, ha scelto proprio lei, una semplice ragazza di Nazaret, che non viveva nei palazzi del potere e della ricchezza, che non ha compiuto imprese straordinarie. Chiediamoci – ci farà bene - se siamo disposti a ricevere i doni di Dio, o se preferiamo piuttosto chiuderci nelle sicurezze materiali, nelle sicurezze intellettuali, nelle sicurezze dei nostri progetti.
È significativo che Naaman e il samaritano siano due stranieri. Quanti stranieri, anche persone di altre religioni, ci danno esempio di valori che noi talvolta dimentichiamo o tralasciamo. Chi vive accanto a noi, forse disprezzato ed emarginato perché straniero, può insegnarci invece come camminare sulla via che il Signore vuole. Anche la Madre di Dio, insieme col suo sposo Giuseppe, ha sperimentato la lontananza dalla sua terra. Per lungo tempo anche Lei è stata straniera in Egitto, lontano dai parenti e dagli amici. La sua fede, tuttavia, ha saputo vincere le difficoltà. Teniamo stretta a noi questa fede semplice della Santa Madre di Dio; chiediamo a Lei di saper ritornare sempre a Gesù e dirgli il nostro grazie per tanti benefici della sua misericordia.
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"Un albero si secca, se si fa spesso mutar di luogo".
"Una ferita nel corpo ti fa gemere, tante ferite mortali nell’anima non ti pesano. Prega, prega Dio che te le faccia sentire, e se ottieni la grazia, cercherai il medico che ti guarisca, né ti quieterai finché non abbi ricuperato la vita, e la salute".
"Tre generi di vita si possono menare da viventi: viver da bruto, viver da uomo, viver da cristiano.
Il bruto è regolato dai soli sensi, l’uomo dalla ragione, il cristiano dalla fede".
"Temete la calca enorme dei vostri peccati? Maria è impegnata ad impetrarvi l’indulto, e la remissione".
"Si guardi di non giudicar male alcuno, né condannarlo, ma più tosto giudichi e condanni se stesso".