Il Salvatore del mondo
Lo splendore dell’amore misericordioso del Padre, che è nei cieli, ha illuminato i volti di tutti coloro che hanno aperto il cuore al bambino Gesù, "posato in una mangiatoia da Maria e da Giuseppe, umanissimo nella sua povertà e divino nella gloria cantata dagli angeli" (Umberto De Vanna).
L’antico rito del presepe ci richiama quel momento così intenso di divinità e di umanità che si è concretizzato in Betlemme, prima scelta di Dio sulla terra, con la nascita, appunto, di Gesù: di divinità, perché Dio ci ha voluto inondare di luce e di grazia, di pace e di gioia, di amore misericordioso l’universo; di umanità, perché Gesù ha voluto essere uno di noi, povero, misero e inerme, nostro fratello, passando attraverso i disagi e i limiti dell’uomo. Basta pensare al viaggio da Nazareth a Betlemme, per obbedire al decreto di Cesare Augusto che imponeva il censimento di tutta la terra, quando era governatore della Siria Quirinio, e rendersi conto di questa straordinaria "testimonianza d’amore"; un viaggio faticoso per le difficoltà viarie e sicuramente non esente da pericoli anche per l’incolumità fisica; un viaggio reso ancora più delicato per l’avanzata gravidanza della giovane sposa Maria, assistita premurosamente da Giuseppe.
Giunto a Betlemme non trova accoglienza nelle case degli abitanti: “Venne tra i suoi, ma i suoi non l’hanno accolto” (Gv 1,11). Ma ecco un altro segno mirabile e sconvolgente - dopo quello di Betlemme villaggio tra quelli che non contavano – che la provvidenza divina indica come la prima casa di Gesù: una rozza grotta con una stalla. Ambedue povere e precarie. Ambedue odoranti di greggi. In questa povertà e precarietà Maria e Giuseppe trovano la carezza del Padre e lo splendore del grande mistero dell’Incarnazione, tanto atteso dall’umanità.
Ma a rendere ancora più bello e confortevole quel luogo appartato e così umile intervengono la grazia, la semplicità e la tenerezza di Maria e di Giuseppe.
La manifestazione in persona di Dio in un piccolo bambino, ornato di povertà e irresistibilmente umile e affabile, fa esplodere di gioia, di luce e di grazia quella piccola grotta, diventata il santuario più ricercato e più ospitale al mondo.
“Dio si è fatto – scrive Bonhoeffer – bambino. Eccolo nella mangiatoia, povero come noi, misero e inerme come noi, un uomo fatto di carne e sangue come noi, nostro fratello. Eppure è Dio, eppure è potenza. Dov’è la divinità, dov’è la potenza di questo bambino? Nell’amore divino in cui si è fatto uguale a noi. La sua miseria nella mangiatoia è la sua potenza. Nella potenza dell’amore supera l’abisso tra Dio e l’uomo”.
E’ questo il Natale. L’umanità rinasce di qui, rappresentata dall’Uomo nuovo, dal nuovo Adamo “che si fa obbediente per dare inizio a una nuova storia. Un’umanità nuova che la parola del profeta Isaia ha prefigurato nei tempi messianici inaugurati da Gesù, che dovrebbero essere i giorni nostri: un mondo di pace tra le persone e perfino tra gli animali e la natura; una tranquilla convivenza tra animali feroci e carnivori e animali domestici, una nuova armonia universale. La trasformazione delle armi in strumenti di lavoro.
Tutto questo è natale. Che è poesia, tenerezza, umanità. Ma molto di più. Natale ci assicura che un mondo nuovo è possibile” (U. De Vanna).
E’ l’angelo a rinnovare l’annuncio ai pastori e all’intera umanità di oggi, tra canti melodici estatici: “Ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia" (Lc 2,11-12). E sono ancora le schiere angeliche a cantare: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama" (Lc 2, 14).
Facciamoci anche noi “svegliare” dall’annunzio dell’angelo e dal canto delle schiere angeliche, e, come i pastori, non indugiamo a metterci in cammino verso Betlemme per “vedere” e “gustare” sulla nostra carne la tenerezza di questo Dio che vuole riempire i cuori di grazia e di carità, di giustizia e di pace, di comunione e di liberazione; ed illuminare gli occhi di stupore e di commozione.
Osservando il presepe, possiamo cogliere “come” Dio ha scelto di farsi povero per rivelarci la sua infinita bontà e la sua felice provvidenza, perché noi potessimo metterci in cammino verso la grotta di Betlemme e liberaci dalla paura, dall’egoismo, dall’indifferenza, dall’affarismo, dal danaro, dalla superbia, dalla corruzione, dalla sufficienza per essere “mangiatoia” di gioia, di ascolto, di amore e di dono, accanto a Gesù, il Salvatore del mondo.
E allora sì che accogliamo anche noi Gesù nella nostra umanità fragile, Lui candore di grazia e noi bisognosi di purificazione (significati col polesterolo). E anche noi ci accostiamo ad ogni pastore non con le mani vuote, espressione di un cuore avaro, ma piene del nostro essere ed avere, desiderosi di “vedere la Luce di questo immenso mistero” e di essere da Lui benedetti e consolati.
E così torneremo anche noi, come i pastori, con gli occhi pieni di stupore e di luce per quanto abbiamo visto e udito, e con nel cuore la gioia di offrire la nostra “casa” come grotta e la nostra “mensa” come mangiatoia per i fratelli, che come Gesù chiedono ospitalità, carità, pace, verità e tanto tanto amore.
E’ così che si ama veramente il Signore e lo si accoglie come il nostro Salvatore. Ed è così che si amano i fratelli, come Lui ha amato ed ama noi.
Maria e Giuseppe siano il nostro modello in questo straordinario evento di grazia e di salvezza.
Buon Natale a tutti, "splendida luce discesa sulla terra"!
(fra giuseppe sinopoli)
Il Presepe (video)
"Un albero si secca, se si fa spesso mutar di luogo".
"Una ferita nel corpo ti fa gemere, tante ferite mortali nell’anima non ti pesano. Prega, prega Dio che te le faccia sentire, e se ottieni la grazia, cercherai il medico che ti guarisca, né ti quieterai finché non abbi ricuperato la vita, e la salute".
"Tre generi di vita si possono menare da viventi: viver da bruto, viver da uomo, viver da cristiano.
Il bruto è regolato dai soli sensi, l’uomo dalla ragione, il cristiano dalla fede".
"Temete la calca enorme dei vostri peccati? Maria è impegnata ad impetrarvi l’indulto, e la remissione".
"Si guardi di non giudicar male alcuno, né condannarlo, ma più tosto giudichi e condanni se stesso".