Cappella "Casa di S. Marta"
(da: L’Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLV, n.228, 07/10/2015)
Non capire e non accettare la misericordia di Dio è il rischio da cui ha messo in guardia Francesco, invitando a non avere la testardaggine e la rigidità di considerare più importante la propria predica, i propri pensieri e «tutto quell’elenco di comandamenti che devo fare osservare». È, appunto, un invito a obbedire alla volontà di Dio, lasciando agire la sua misericordia e non a sfidarla, quello rivolto dal Papa nella messa celebrata martedì mattina, 6 ottobre, nella cappella della Casa Santa Marta.
«Alcuni giorni fa, il giorno della festa degli angeli custodi, abbiamo riflettuto sulla docilità a Dio, la docilità allo Spirito Santo, come strada di santità e di vita cristiana», ha ricordato Francesco all’inizio dell’omelia. Poi, ha proseguito, «in questi tre giorni — ieri, oggi e domani — la liturgia ci fa riflettere sopra il contrario, cioè la resistenza alla volontà di Dio: non fare quello che Dio vuole, non essere docile».
E «il personaggio che fa la resistenza è il profeta Giona» ha detto il Pontefice, facendo notare che egli «davvero era un testardo». Le letture bibliche sono tratte proprio dal libro che porta il suo nome. Giona, ha spiegato il Papa, «aveva le sue idee, le proprie idee, e non c’era nessuno — neppure Dio! — che gliele facesse cambiare». Nella «liturgia di ieri ci raccontava quando il Signore lo mandò a Ninive a predicare per la conversione di Ninive, e lui se ne andò dalla parte opposta, verso la Spagna». Poi ecco «il naufragio e tutta quella storia che noi sappiamo» (1, 1-2,1.11).
«Dopo quella esperienza» ha affermato il Pontefice rileggendo il passo liturgico (3. 1-10), Giona «impara che deve obbedire al Signore: “Alzati, va’ a Ninive, la grande città”». Giona «obbedisce, va e predica, predica tanto bene: la grazia di Dio è tanto con lui che la città si converte, fa penitenza, cambia vita». Davvero «fa il miracolo, perché in questo caso lui ha lasciato da parte la sua testardaggine e ha obbedito alla volontà di Dio, e ha fatto quello che il Signore gli aveva comandato».
«Nel terzo capitolo, quello che la liturgia ci proporrà domani» (4, 1-11), ha proseguito il Papa, «Ninive si converte e davanti a questa conversione Giona, quest’uomo non docile allo Spirito di Dio, si arrabbia». La Scrittura dice proprio che «Giona provò grande dispiacere e fu sdegnato», arrivando persino a rimproverare il Signore: «Non era forse questo che dicevo quando ero nel mio paese? Per questo motivo mi affrettai a fuggire a Tarsis; perché so che tu sei un Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira, di grande amore e che ti ravvedi riguardo al male minacciato».
Dunque, ha riepilogato Francesco, «il primo capitolo è la resistenza alla missione che il Signore gli affida: “Va’ e predica, perché si convertano”. E lui resiste». Poi «il secondo capitolo è l’obbedienza, e quando si obbedisce si fanno miracoli». Ecco, allora, l’obbedienza di Giona alla volontà di Dio e la conversione di Ninive.
Infine «il terzo capitolo: c’è la resistenza alla misericordia di Dio». Giona si rivolge al Signore, come a dire: «Io ho fatto tutto il lavoro di predicare, io ho fatto il mio mestiere bene, e tu li perdoni?». Il suo cuore, ha fatto notare Francesco, ha «quella durezza che non lascia entrare la misericordia di Dio: è più importante la mia predica, sono più importanti i miei pensieri, è più importante tutto quell’elenco di comandamenti che devo fare osservare — tutto, tutto, tutto — che la misericordia di Dio».
E «questo dramma — ha affermato il Pontefice — lo ha vissuto anche Gesù con i dottori della legge che non capivano perché lui non lasciò lapidare quella donna adultera» e perché «andava a cena con i pubblicani e i peccatori». Il punto è che «non capivano la misericordia». E così Giona dice: «tu sei misericordioso e pietoso», però «non accetta».
Il salmo 129 «che oggi abbiamo pregato — ha detto ancora Francesco — ci suggerisce di attendere il Signore “perché con il Signore è la misericordia, e grande è con lui la redenzione”». Dunque, ha rilanciato il Papa, «dove c’è il Signore, c’è la misericordia». E «sant’Ambrogio aggiungeva: “E dove c’è la rigidità ci sono i suoi ministri”», riferendosi alla «testardaggine che sfida la missione, che sfida la misericordia».
«Vicini all’inizio dell’anno della misericordia — ha esortato il Pontefice prima di riprendere la celebrazione — preghiamo il Signore che ci faccia capire com’è il suo cuore, cosa significa “misericordia”, cosa vuol dire quando lui dice: “Misericordia voglio, e non sacrificio”». E «per questo — ha concluso — nella preghiera colletta della messa abbiamo pregato tanto con quella frase tanto bella: “Effondi su di noi la tua misericordia”, perché soltanto si capisce la misericordia di Dio quando è stata versata su di noi, sui nostri peccati, sulle nostre miserie».
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